L’ASSURDITA’ DEL LAVORO
Diario contro il lavoro dipendente

Presentazione

dipendente

Cap

datore

Mancanza di senso

1

Mancanza di competenze

Mancanza di autonomia/dignitą

2

Costi insopportabili

Fatica

3

Mancanza di dedizione

Spostamenti

4

Pigrizia

Mancanza di carriera

5

Ingratitudine

Mancanza di cambiamento

6

Costi inspiegabili

Orari inaccettabili

7

Costi amministrativi

Insalubritą

8

Mancanza di iniziativa

Scarsitą di scelte

9

Ingovernabilitą

Pensione obbligatoria

10

Mancanza di continuitą

Competizioni, pettegolezzi, mobbing

11

Consulenti

Proibizione lavoro minorile

12

Lacci all’impresa

Disoccupazione

13

Obbligo di conservazione

Conclusioni

TIPOLOGIA DI RAPPORTO FRA LAVORO E INDIVIDUO
1. Quelli che dal lavoro dipendente cercano soldi = ASSERVITI
2. Quelli che dal lavoro dipendente cercano identità= SERVI
3. Quelli che hanno una identità da impiegare in un'attività = SOVRANI

I sindacati hanno sempre difeso la quantità del lavoro e non la qualità, il senso o il servizio all'utente.

Futuro del lavoro e lavoro del futuro

L'attuale dibattito pre-elettorale sul lavoro ha un carattere tragicomico. Entrambi gli schieramenti fingono di battersi per un lavoro che è in via di sparizione, senza affrontare nemmeno vagamente i veri problemi che attendono l'Italia e l'Occidente, dietro l'angolo. I disordini francesi, a difesa del lavoro giovanile, dicono che esiste un divario generalizzato a tutta l'Europa fra la cultura del lavoro ed il suo destino. Cerchiamo di spiegare il problema mediante cinque premesse e cinque scenari interconnessi.

Premessa 1 - Il lavoro scarseggia, mentre circa un milione di immigrati lavora in Italia in modo regolare e un altro milione lavora in modo irregolare (non parliamo qui di coloro che svolgono un lavoro illegale). (1)

Premessa 2 - La struttura produttiva dell'Italia è in larga misura basta sulla piccola e media impresa. (2)

Premessa 3 - Il lavoro stabile è un vantaggio per il lavoratore, ma anche per il piccolo e medio imprenditore, il quale (salvo in casi particolari) ha tutto da guadagnare da operatori continuativi e fedeli.

Premessa 4 - Il lavoro precario ha conseguenze tragiche per il lavoratore, ma è un danno anche per il piccolo e medio imprenditore. Questo ha costi maggiorati se si rivolge alle agenzie interinali; se invece fa da sè sopporta i costi di reclutamento e selezione; in ogni caso si trova a dover informare/formare in permanenza lavoratori che cambiano; e deve fronteggiare fenomeni di demotivazione, disaffezione, basso investimento.(3)

Premessa 5 - Il lavoro è anzitutto correlato allo sviluppo produttivo. Le leggi sul lavoro possono migliorare i sistemi di accesso, trattamento, uscita dal lavoro; possono far emergere il lavoro nero; possono anche agevolare l'occupazione. Tuttavia resta indiscutibile che il numero dei lavoratori può aumentare sensibilmente solo se aumentano il numero delle imprese e/o il loro fatturato, e questi crescono se l'economia è in sviluppo. L'impresa ricorre al lavoro precario quando sono precari il suo fatturato e la sua stessa esistenza.

Lo scenario macro-economico
Non occorre spendere tante parole, per ricordare che da una decina d'anni il sistema produttivo si è progressivamente informatizzato e globalizzato. La informatizzazione è stata e continua ad essere un potente riduttore di forza-lavoro. La globalizzazione ha portato ad un aumento dei profitti, allargando il mercato, ma ha favorito fortemente la crescita dell'emigrazione in Italia e della disoccupazione. Le imprese esistenti de-localizzano, le nuove imprese nascono preferibilmente in Paesi meno sviluppati, l'immigrazione cresce ogni anno. A questi fenomeni si aggiungono le crisi di molte industrie e di interi settori produttivi italiani.

Lo scenario sociologico
Lo sviluppo della società industriale e del lavoro si è basato sul concetto di progresso. In cambio di un lavoro faticoso e spesso insensato (4), l'industrialesimo prometteva un futuro pacificato, salubre, tecnologicamente benevolo, ricco di merci attrenti e di libertà per tutti. E' questa promessa che ha consentito la ricostruzione post-bellica ed il boom economico seguente. Ma è una promessa realizzata per metà e bruscamente contraddetta a partire dagli anni Novanta. Oggi lo scenario è più vicino al regresso che al progresso. Guerra e terrorismo sono un'emergenza quotidiana, i farmaci sono diventati un ausilio irrinuciabile, la tecnologia non ha reso la vita più semplice e le merci sono tornate a disposizione solo delle èlites. La libertà è vicina al grado zero. In questo scenario, per molte frange giovanili ha sempre meno senso accettare un lavoro faticoso, malsano e insensato.

Lo scenario produttivo
Sul piano della produzione si sta ridefinendo la divisione del lavoro a livello planetario. L'Italia è priva di risorse naturali e non gode di rendite imperiali. Il suo sviluppo è stato trainato dall'industria manifatturiera per i primi 30 anni del dopoguerra (utilitarie, frigoriferi e macchine da scrivere), e sulla nicchia delle manifatture d'èlite negli anni più recenti (il famoso "made in Italy"). La globalizzazione ha messo in crisi crescente la prima e si appresta a fare lo stesso con la seconda. Infatti è un'illusione che l'Italia possa salvarsi con la "genialità" e il made in Italy. Già oggi molti creativi italiani sono stipendiati dai cinesi, molti scienziati lavorano per gli Usa, e il "made in Italy è"made in Romania". Il futuro dell'Italia, sullo scacchiere planetario, non sarà manifatturiero nè tecnologico, e naturalmente non sarà estrattivo. Non sarà nemmeno agricolo, anche se possono svilupparsi le produzioni specializzate, d'alta qualità.
C'è un solo settore che può specializzare l'Italia nel mondo, e darle un ruolo produttivo futuro: quello dei beni culturali. Mentre i disegnatori di moda e di fuoriserie potranno essere "comprati" dalle nazioni economicamente emergenti d'Oriente, il Colosseo e Michelangelo sono beni intrasportabili e incedibili. Purtroppo la conversione del sistema Italia a questo ruolo, con tutte le conseguenze inevitabili, richiederà non meno di un decennio da oggi: un decennio di grandi conflitti sociali. Al centro dei quali sarà il rifiuto crescente del lavoro-merce o del lavoro precario, un aumento della disoccupazione unita alla richiesta di un salario minimo garantito.

Lo scenario occupazionale (4)
Sullo sfondo degli scenari descritti, possiamo dare solo una cosa per certa: il lavoro diminuirà costantemente, negli anni a venire, qualsiasi saranno i provvedimenti a sua difesa. E' realistica l'ipotesi di quattro livelli di risposta alla progressiva crisi del lavoro:

  1. il lavoro d'èlite: imprenditori e finanzieri, amministratori, alti burocrati, show business, tecnologi specializzati, professionisti (da 2 a 4 milioni)
  2. il lavoro-merce: operai manufatturieri e servizi , operai dell'ospitalità, manovali generici e tecnici edili, burocrazie (da 6 a 8 milioni, suddivisibili un due gruppi: garantiti e non garantiti)
  3. il lavoro di nuova emigrazione: giovani pensionati, ricercatori e tecnologi iperspecializzati, neo-imprenditori (da 1 a 2 milioni)
  4. il lavoro precario, temporaneo e sussidiato: operatori del lavoro sensato, operatori del lavoro-merce, operatori d'èlite esclusi dalle cordate clientelari e familistiche (da 8 a 13 milioni)

Non esisterà altro tipo di occupazione, per il semplice e drammatico motivo che il ruolo dell'Italia (e dell'Europa) nel mondo non consentirà alcuno sviluppo economico, per i prossimi decenni.

Lo scenario esistenziale
Il primo fattore dello scenario esistenziale è quello di un abbassamento del prodotto interno lordo e dunque dei redditi e degli stili di vita. La popolazione si dividerà in tre ceti: agiato, con reddito e stile di vita elevati; proletario, con reddito e stile di vita parsimonioso; sotto-proletario, con reddito e stile di vita precario. Quest'ultimo ceto, destinato ad allargarsi nel tempo.

Il secondo fattore è l'aumento considerevole del tempo a disposizione. L'allungamento del periodo di studio e di quello del pensionamento, i lunghi periodi di esclusione dal lavoro (fra un'occupazione precaria e l'altra), ma anche le tipologie del nuovo lavoro derivante da uno sviluppo centrato sul ruolo dell'Italia come "museo del mondo", metteranno nelle mani degli individui lunghi periodi di tempo disponibile.

Il tempo disponibile, la riduzione generalizzata del reddito, la precarizzazione alimenteranno forti conflitti sociali, dove il problema non sarà più come stabilizzare il lavoro, ma come garantire a tutti casa e cibo senza farli derivare da un reddito da lavoro. Questo produrrà forme di lavoro distribuito e a corvèe, retribuito con forme di salario minimo garantito. Il terzo fattore dello scenario esistenziale sarà la riduzione sensibile della qualità del lavoro e delle prestazioni, con la conseguente perdita di valore della formazione professionale. Un lavoro precario varrà un altro e lo stesso operatore si troverà a passare da un lavoro in pizzeria, ad un altro nel supermercato ad un terzo nell'educazione: tutti dequalificati.

Quarto ed ultimo elemento: la necessità di una nuova educazione-formazione centrata su una forte rivoluzione culturale. Vivere e lavorare nei prossimi decenni richiederà competenze, abilità e conoscenze del tutto diverse da quelle tradizionali.

Nota1 - L’Istat rende disponibile un’analisi dell’immigrazione in Italia a partire dai dati sui permessi di soggiorno, che si attestano a quota 2.320 mila unità al 1° gennaio 2005, secondo una stima effettuata dall’Istat in attesa delle necessarie ulteriori informazioni da parte del Ministero dell’Interno. Fonte ISTAT
Nota2 - Le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano oggi più del 95% delle imprese, forniscono il 60-70% dell’occupazione, e generano una larga parte dei nuovi posti di lavoro nelle economie dei paesi dell’OCSE.
Nota3 - Il settore sociale è fra quelli col più alto tasso di precarietà del lavoro. E' anche quello costituito quasi soltanto da piccole e micro imprese. Chiunque conosca il settore sa bene che il lavoro precario in questo settore è un dramma per gli addetti, ma anche per le imprese ed i servizi che prestano. Per la natura della proprietà di queste imprese, che è quasi sempre collettiva, non è ipotizzabile che il precariato sia conseguenza di un interesse padronale.
Nota4 - Per i concetti di lavoro-merce e lavoro insensato v. Contessa G."Ideatari", Ed.Arcipelago

Orientamento al Lavoro prossimo futuro (Appunti per giovani ed educatori)

Da tempo il dibattito sull'orientamento al lavoro sembra fermo. I metodi ed i professionisti continuano a riprodurre la situazione degli Anni Ottanta e Novanta, come se nessuno si fosse accorto dei cambiameno della società e del lavoro di questa soglia di millennio. Chissà perchè, nessuno scrive o dice quello che leggerete sotto, anche se molti lo sanno e molti lo fanno già. Giovani che dovete scegliere un curriculum, giovani che state entrando nel lavoro, giovani cercate con fatica di emanciparvi dal precariato, ma anche insegnanti, educatori, genitori ed orientatori professionisti, leggete questi appunti e poi scrivete le Vostre reazioni in basso.

  • Niente più ascese di classe
    Per decenni ci siamo illusi che fosse finalmente possibile accedere a ceti e classi superiori, e che non fosse ineluttabile il destino di restare per l'intera vita nella condizione sociale della nascita. Ci hanno detto che l'educazione e la formazione erano una grande opportunità di ascesa sociale. La cattiva notizia è che non è più così: l'ascesa di classe è sempre meno possibile. La buona notizia è che la "discesa di classe" è sempre più facile anche per i ceti superiori. Le posizioni sociali elevate e d'èlite sono sempre più chiuse, corporative, ereditarie. Tutti abbiamo ampie possibilità di morire più poveri di quando siamo nati, e sempre meno sono quelli che muoiono più ricchi.
  • Identità slegata al lavoro
    Siamo cresciuti con l'idea che la nostra identità fosse data dal lavoro: eravamo il lavoro che facevamo. Non è più così. Ora, in grande maggioranza, siamo chi siamo a prescindere dal lavoro che facciamo. Quando iniziavamo a lavorare da bambini anche 10 ore al giorno e morivamo giovani, passando una vita senza week-ends e senza vacanze, il lavoro era la gran parte della nostra esistenza. Oggi iniziamo a lavorare tardi, lavoriamo un numero di ore giornaliere, settimanali ed annue inferiori a quello dei nostri nonni, andiamo in pensione in anticipo e moriamo molto più vecchi: il lavoro -quando c'è-occupa solo un quarto o un quinto della nostra vita.
  • Lavoro precario/saltuario come stabile
    Abbiamo in mente l'idea che il lavoro saltuario e precario sia transitorio. Finora l'abbiamo fatto "in attesa " del lavoro stabile e continuativo. Oggi dobbiamo iniziare a pensare che la stabilità sia proprio il lavoro saltuario e precario, segnato da intervalli di disoccupazione. Non importa chi vincerà le elezioni. Il lavoro sarà sempre più saltuario e precario per il semplice motivo che l'economia italiana ed europea sono uscite dall'onda del progresso e sono entrate in quella del regresso. Imprese precarie non possono che offrire lavoro precario. L'impero celeste, l'impero egizio, l'impero romano sono tramontati: le civiltà invecchiano come gli esseri umani, e l'Occidente è entrato nella quarta età. Il XXI secolo sarà dell'Oriente.
  • Nessun nesso fra formazione e lavoro
    Nell'orientarci, abbiamo creduto (e per decenni è stato vero) che esistesse un nesso fra educazione-formazione-curriculum e lavoro. Non è più così, se non per modeste minoranze. Puoi laurearti in archeologia e pagare l'affitto facendo il pizzaiolo. Puoi diplomarti in ragioneria e fare la commessa, saltuaria. Puoi fare il taxista, tenendo sul cruscotto una laurea in filosofia. La prima buona notizia è che puoi scegliere di studiare quello che ti piace senza pensare a quello che serve sul mercato del lavoro. Studieremo tutti solo perchè ne avremo voglia, e non per fare carriera. La seconda buona notizia è che la maggior parte dei futuri lavori che ti offriranno, potrai farli senza avere alcuna preparazione: la poca che ti servirà, te la forniranno sul posto di lavoro. La cattiva notizia è che avrai a disposizione solo lavori senza altro senso che quello di pagarti due pasti al giorno.

Se le cose stanno così, esistono consigli per orientarti nelle scelte per lavorare e per vivere in questo secolo? Non esistono ricette, ma qualche spunto di riflessione, posso dartelo. Se non sei nato ricco, non hai parenti potenti e non riesci a sposarti con qualcuno del ceto dominante, comincia a pensare a queste suggestioni:

  • Emigrare?
    Il futuro è ad Oriente. Qualcuno segnala il BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) come l'impero prossimo venturo. In generale, ci sono molti Paesi
    con una maggioranza di popolazione giovanile, che hanno davanti uno sviluppo garantito. Se vuoi fare carriera in base ai tuoi meriti, se ami il rischio e la libertà, emigra. Tieni presente che sono decine i Paesi nei quali puoi fare una vita decorosa, quasi abbiente, con la stessa somma che ti passa la famiglia per vivere in un monolocale della più squallida periferia italiana. Paesi nei quali spariscono le esigenze di spendere e puoi guadagnare qualcosa con l'esperienza che ti viene dalle tue radici. Potrai sempre tornare in Italia come turista, per goderne solo i lati migliori.
  • Abìtuati alla parsimonia
    Se vuoi continuare a vivere in Italia, inventati uno stile di vita parsimonioso. Ricordati che tuo padre è vissuto felice senza telefonino e tuo nonno è invecchiato senza automobile. Per secoli i tuoi antenati hanno vissuto con l'intera tribù nella stessa fattoria, e con una famiglia di 8-10 persone in una sola stanza (con bagno all'aperto). Vale ancora la pena che tu spenda la tua vita alla ricerca di un lavoro impossibile, e magari insensato, per pagare il mutuo di un bilocale tutto tuo? E' ora che tu pensi a nuove forme di coabitazione fra amici o famiglie allargate: vivere in comunità ha vantaggi e svantaggi, come vivere nella famiglia nucleare. Fino a un secolo fa, turismo voleva dire cavallo e ospitalità presso amici, parenti e conventi: forse non lo sai, ma anche oggi puoi girare il mondo senza pagare nè aerei nè alberghi.
  • Creati un'identità a prescindere dal lavoro
    Smetti di presentarti come Maria Rossi, insegnante o Flavio Neri, geometra. Comincia a pensare a te stesso come essere umano con interessi, hobbies, passioni, credenze personali interessanti, ed al lavoro come un'attività che svolgi o per pura passione (quindi anche gratis) o per sbarcare il lunario (perciò senza farne un distintivo). Interessati a qualcosa che ti piace senza pensare a quanto può rendere. Impegnati in qualcosa che potrai fare anche da disoccupato o in pensione. Studia solo se e quello che ti appassiona.
  • Il diritto alla casa ed al salario minimo garantiti
    Non perdere tempo a lottare per ottenere un lavoro stabile e garantito. Hai pochissime possibilità di averlo e potresti averne uno che ti rende infelice. Non credere ai politici che danno ricette per il lavoro stabile: l'unico lavoro stabile cui pensano è il loro. Se proprio vuoi lottare fallo per sancire il tuo diritto, come essere umano, di avere un tetto e due pasti al giorno garantiti. Lo Stato te li deve garantire perchè è lo Stato che ha fatto in modo che tu non possa più trovarteli da solo. E' lo Stato che ti proibisce di piantare una tenda dove vuoi e di coltivare un orto per le tue cene. Se non riesce a garantirti questo diritto naturale, ha il dovere di darti una casa ed un salario minimio garantito.
  • Competenze personali
    Dedica molto tempo alla creazione ed all'abbellimento di una "statua di te stesso". Fai di te un essere umano onesto, forte e felice: è questa la bellezza. Ciò che veramente devi "imparare" sono le competenze personali, il saper essere, le capacità che porti con te, ovunque vivrai ed qualsiasi lavoro farai. Fra queste competenze le principali sono la capacità di gestire l'insicurezza e la libertà, la capacità di imparare, la capacità di esplorare e rischiare, la capacità di darti regole e rispettarle, la capacità di essere accogliente e complice, l'apertura verso gli altri e le novità. Migliora ogni giorno queste capacità e non morirai mai di fame.