Welfare, beneficienza e volontariato

"Welfare state (ingl. «Stato del benessere»)
Espressione entrata nell’uso in Gran Bretagna negli anni della Seconda guerra mondiale, indica il complesso (detto anche Stato sociale) di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di mercato, per garantire assistenza e benessere ai cittadini, modificando e regolamentando la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato. Fino alla Rivoluzione industriale gli interventi di protezione sociale si manifestarono come assistenza alla povertà, mentre nel corso del 19° sec., a seguito del processo di industrializzazione e del sorgere della «questione sociale», si definì un sistema di assicurazioni sociali per fronteggiare le situazioni di disagio dei lavoratori e costruire il consenso sociale. Fino alla metà del 20° sec. gli interventi vennero indirizzati a determinate categorie sociali. I primi provvedimenti a carattere universale (anticipati negli anni Trenta dal New deal negli USA e dai governi socialdemocratici in Svezia) furono attuati in Gran Bretagna con il piano Beveridge (1942), che estendeva la protezione a tutti i cittadini indipendentemente dai contributi versati, e con l’introduzione (1946-48) del sistema della sicurezza sociale, affermatosi negli anni Sessanta e Settanta anche negli altri Paesi industriali. Dagli anni Ottanta del 20° sec. il w.s. si è ridimensionato, poiché la sua universalizzazione e l’allungamento della vita media hanno provocato un’eccessiva espansione della spesa pubblica. Gli obiettivi del w.s. sono: assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini, dare sicurezza a individui e famiglie in presenza di congiunture sfavorevoli, garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi fondamentali, come per es. istruzione e sanità. I suoi strumenti sono corresponsioni in denaro, in partic. nelle fasi non occupazionali del ciclo vitale (vecchiaia, maternità ecc.) e nei casi di incapacità lavorativa (malattia, invalidità, disoccupazione ecc.); erogazione di servizi in natura (per es., istruzione, sanità, abitazione ecc.); concessione di benefici fiscali (per carichi familiari, acquisto di un’abitazione ecc.); regolamentazione di certi aspetti dell’attività economica (per es., locazione di abitazioni a famiglie a basso reddito, assunzione di invalidi ecc.). Da un punto di vista teorico-speculativo, si distinguono due possibili modelli di protezione sociale: il modello «bismarckiano», che prende il nome dal cancelliere tedesco O. von Bismarck, il quale introdusse (1883-89) la prima forma di assicurazione sociale per i lavoratori dell’industria, e quello «beveridgiano», dal nome di W.H. Beveridge, l’economista inglese che, come si è detto, teorizzò un sistema di sicurezza sociale esteso a tutti i cittadini dello Stato. Nel primo modello è centrale il principio per cui le prestazioni previdenziali sono finanziate esclusivamente mediante la contribuzione versata dai lavoratori (che ne saranno poi i destinatari) e sono proporzionate ai livelli di reddito raggiunti; invece il secondo modello prende a riferimento come soggetto protetto non il lavoratore ma il cittadino, attraverso la predisposizione di un sistema di tutela universalistico finanziato mediante la fiscalità generale. Nella realtà politica degli Stati europei si riscontrano, piuttosto, differenti ibridi di tali modelli."
(fonte)

Il welfare può essere considerato la maggiore conquista delle moderne democrazie occidentali avanzate. Il fatto che lo Stato si impegni a fornire a tutti i cittadini che non possono farlo da soli, i servizi necessari ad un livello minimo di esistenza è il più alto livello di civiltà raggiunto dalla società umana in tutta la storia. Prima del welfare, per secoli, tutti i cittadini dovevano cavarsela da soli e semmai sperare nella "carità". Il welfare è stato per la seconda metà del XX secolo, il fattore distintivo dei regimi civili e di quelli barbarici. Usa, Urss e Cina (per citare i casi più vistosi) possono essere considerati regimi semi-barbarici non solo per scarsa attenzione ai diritti civili o la bellicosità, ma anche per la esigua presenza di un welfare nella sanità e nell'assistenza. L'Europa del secondo dopoguerra è stata l'alfiere planetario del Welfare, diventando per questo un faro di civiltà per tutti i popoli. Siamo con fatica usciti dall'elemosina offerta dalle Confraternite, dalle Dame della Carità di San Vincenzo de' Paoli, dall'Esercito della Salvezza perchè avevamo capito che pensioni, casa, sanità, assistenza e istruzione non erano elargizioni dello Stato e dei ceti benestanti, ma diritti dei cittadini.

Con la caduta del muro di Berlino, il capitalismo finanziario è straripato. Approfittando della globalizzzione e della smaterializzazione della produzione della ricchezza, nonchè delle mire imperiali americane, ed ha assunto il governo del pianeta. Dagli Anni Novanta è iniziato il declino del Welfare, ed ora siamo nelle mani della carità (Caritas, Telethon e volontariato). In un quarto di secolo abbiamo perso quello che avevamo ottenuto nel quarto di secolo precedente.

Oggi, i malati hanno sempre meno il diritto di essere curati: devono confidare nelle raccolte di fondi promosse dalla tv. I disabili hanno sempre meno il diritto all'assistenza, ma devono contare sulla dedizione di parenti e volontari. I senzatetto non hanno più diritto alla casa, ma devono trovarsi giacigli caldi sulle grate delle strade, e mense della carità. Il diritto allo studio è minacciato dai riscaldamenti spenti, i crolli dei tetti, il balletto di docenti e supplenti precari. Catastrofi come alluvioni, terremoti, frane e slavine sono sempre meno un "affare" dello Stato, ma sempre di più un problema affidato al "buon cuore" delle collette televisive e dei volontari. Il soccorso non è più un diritto delle vittime ma un affare di "carità", per cui le vittime devono ringraziare.

Il volontariato è nato come benefica forza di affiancamento ai professionisti, per situazioni o servizi eccezionali. Oggi è diventato un sostituto delle risorse professionali. Il volontariato non è più "a fianco" ma "al posto". Lo Stato non sente più il dovere di assumere pompieri, portantini o soccorritori: conta sui volontari.
Non sente più il bisogno di stanziare fondi adeguati per la prevenzione delle catastrofi, preferisce spenderli nell'acquisto di navi e aerei da guerra, per difenderci dalla insidiose minacce di Cipro e Malta. Quando arriva la catastrofe, ci devono pensare la beneficienza e il volontariato. Negli ospedali e nei lager per anziani non servono operatori socio-assistenziali: bastano i parenti e i volontari. Per il tempo libero dei bambini non si impiegano più educatori, animatori, assistenti all'infanzia. Quelli che possono permetterselo vadano nelle sale gioco, a Disneyland, o ai corsi privati di danza, musica, karatè. Gli altri possono stare in strada, nelle mani dei "volontari" della camorra. Persino la sicurezza urbana è sempre meno una preoccupazione dello Stato: devono pensarci le ronde dei volontari. L'accoglienza dei profughi e dei migranti non è affidata a professionisti, ma a cooperative di rapinatori o volontari.

Presto avremo anche collette per rifare le strade, che lo Stato non ha più soldi per riparare, e volontari al posto dei giudici e dei chirurghi, che costano troppo.