La xenofobia riguarda i neri, i gialli, i caffelatte, i pellerosse,
gli islamici, i cristiani, gli indù. Ma anche i quartieri,
le città, le regioni, ed anche i redditi. Lo "straniero,
l'estraneo, il foresto, il diverso" è da sempre il soggetto
inferiore o il soggetto nemico. Solo gli indigeni, gli aborigeni,
con la stessa storia, lingua/dialetto, ricchezza e religione sono
amici. A volte neppure tutti. A volte anche le famiglie vicine sono
il nemico da osteggiare o sottomettere. Le faide familiari sono
una forma primitiva di guerra al diverso. In Italia, chiunque vada
a lavorare in una città, anche piccola, che non sia la sua,
si sente dire che dovrebbe "tornarse a casa". Il matrimonio
endogamico è applicato da secoli in tutto il pianeta, ed
è ancora oggi diffusissimo anche nei Paesi più evoluti.
I matrimoni fra diversi per razza, nazionalità, religione,
ceto, cultura sono anche possibili, ma sempre accompagnati da mormorii
di disapprovazione sociale. Se non funzionano, tutti "l'avevano
detto". Le xenofobìa non ha mai impedito l'ospitalità,
al contrario, l'ha rafforzata: l'ospite è temporaneo. Nè
ha mai impedito i commerci, anzi, li ha resi possibili: gli scambi
sono fruttuosi solo fra diversi.
La xenofobìa ha molte funzioni. La prima è quella
di rafforzare l'identità ed i legami fra simili. L'ostilità
verso il "fuori", riduce l'aggressività verso il
"dentro". La seconda è quella di rafforzare l'autostima:
il "noi" è sempre migliore del "loro".
La terza, per certi versi più importante, è quella
di mantenere inalterati gli equilibri sociali, economici e di potere.
L'estraneo minaccia sempre lo status quo.
La xenofobìa ha però una grande debolezza. E' un'onda
contrastata da un tifone. Il tifone è costituito dagli stati
che hanno reso "connazionali" gli abitanti di città
e contrade da sempre in conflitto. Il tifone è il sistema
economico-industriale moderno che rende gli Stati interconnessi.
Perchè non si scambiano solo merci, ma anche servizi, persone,
culture. Il tifone è il turismo da e per l'estero; il tifone
è Internet che azzera le distanze e quindi le culture: il
tifone è l'impero, con le Confederazioni, le Unioni, le Alleanze
fra Stati, che hanno reso sempre più vicino quello che era
lontano. In sintesi, la xenofobìa combatte con quella forza
inarrestabile che chiamiamo globalizzazione.
Anche la schiavitù ha le sue radici nella notte dei tempi.
L'impero romano è prosperato sulla schiavitù. La nobiltà
medievale ha avuto come base la servitù della gleba. La colonizzazione
ha camminato sulla schiavitù per tre secoli. La prosperità
americana è partita dalla schiavitù dei neri nelle
piantagioni di cotone. L'Australia è stata costruita sul
lavoro forzato dei galeotti. Si può dire che tutta la storia
umana si è sviluppata ed è economicamente cresciuta
sfruttando la schiavitù.
Dopo l'abolizione legale della schiavitù (nella Dichiarazione
universale dei diritti umani, 1948, l' articolo 4 vieta la schiavitù
in tutte le sue forme), il fenomeno non è sparito: in parte
continua in forme criminali (per esempio, per le schiave sessuali),
ma in gran parte continua sotto la bonaria definizione di "immigrazione".
L'immigrazione si presenta in due forme. La prima è una immigrazione
organizzata che prevede un vero inserimento degli stranieri alle
stesse condizioni degli "aborigeni": lavoro legalmente
retribuito, abitazione dignitosa, diritti civili, cure mediche.
In genere questo è il tipo di immigrazione riguarda le professioni
"intellettuali", ma non di rado riguarda anche il lavoro
manuale o tecnico. Questa immigrazione non si connota come schiavitù
ma come libero scambio.
La forma moderna della schiavitù è invece l'immigrazione
"disorganizzata". Milioni di persone che si spostano clandestinamente
e alla ventura, senza soldi, lavoro, casa, diritti legali. Questi
sono i "nuovi schiavi" si cui si fonda una parte della
ricchezza dei Paesi ospitanti. Di solito un Paese che non vuole
o non può permettersi un'immigrazione organizzata, è
ben lieto di "accogliere" l'immigrazione disorganizzata.
Non è un caso che gli imprenditori italiani, tradizionalmente
conservatori e protezionisti, si sono sempre mostrati favorevoli
all'immigrazione selvaggia. Questa costituisce un vecchio sogno,
che già Marx aveva segnalato: un esercito del lavoro di riserva,
meno costoso, meno sindacalizzato, più sottomesso. I famosi
"lavori che gli italiani rifiutano" perchè sporchi
o malsani, mal pagati e peggio organizzati, invece di essere riorganizzati
civilmente, sono dati pari pari ai "nuovi schiavi". Centinaia
di imprese agricole non vivrebbero senza schiavi stagionali. La
quasi totalità del tessile di Prato sarebbe morta senza gli
schiavi cinesi. Tutto il comparto illegale delle contraffazioni
prospera sul lavoro nero degli schiavi. Una grande mano dagli schiavi
viene data all'industria del sesso e della droga. Nessuno ha mai
calcolato quante "badanti" lavorano in nero. L'immigrazione-schiavitù
offre anche un certo sostegno ai proprietari di immobili che riescono
a guadagnare da porcilaie trasformate in alloggi.
Anche la schiavitù, come forma di sfruttamento, ha la sua
debolezza. Gli schiavi hanno la tendenza a emanciparsi. Gradualmente
chiedono legalità, diritti, garanzie avvicinandosi sia pure
con lentezza alla condizioni di vita degli ospitanti.
Oppure cercano una via d'uscita nell'illegalità. Nessuno
si chiede come mai le pizzerie "Vesuvio" chiudono e i
ristorantini "Fior di loto" prosperano? Quanti di noi,
dopo aver dormito sotto un ponte, saltati i pasti, ed essere quasi
morto di freddo senza alcuna prospettiva di miglioramento a breve
termine si farebbero problemi a vendere qualcosa di illegale o rubacchiare
qua e là ? L'illegalità è scomoda sia per chi
la esprime sia per chi la subisce. Alla lunga, la schiavitù
ha un costo sociale molto alto, ma sul breve termine offre grandi
vantaggi a molti.
L'Italia, con la consueta creatività, ha trovato il modo
di superare il conflitto fra vecchi xenofobi e nuovi schiavisti
ricorrendo alle parole magiche "solidarietà" ed
"accoglienza", ed allargando a dismisura i vantaggi dell'immigrazione
disorganizzata o selvaggia.
Il primo passo è stato quello di rendere molto difficile
l'immigrazione legale dai Paesi africani o medio-orientali. La più
evidente prova di questa scelta è che non risultano cinesi
o sudamericani dispersi nelle acque del Mediterraneo. Significa
che da questi Paesi arrivano clandestini in modo piuttosto facile
con altri mezzi. La seconda prova più evidente è che
non esistono traghetti di linea che collegano l'Italia all'Africa
o al Medio-Oriente. Sembrerebbe l'operazione più semplice,
se davvero fossimo interessati ad evitare stragi in mare. Invece
no, gli africani ed i medio-orientali devono rischiare la vita per
diventare schiavi, perdipiù grati per essere stati salvati.
Il secondo passo è stato quello di confondere i termini fra
"rifugiati politici" ed "emigranti in cerca di benessere"
definendoli tutti "povere vittime". Il tradizionale senso
di colpa cattolico italiota scatta di fronte alle "povere vittime"
ed azzera ogni sentimento xenofobo. Nessuno sta a vedere se fra
i clandestini c'è qualche ex-turturatore di Gheddafi, qualche
aspirante terrorista, qualche rapinatore di banche in fuga o qualcuno
che ha seppellito moglie e suocera prima di partire: se viene dal
mare è una "povera vittima" e va non solo salvata,
ma anche ospitata. In teoria, gli sbarcati dovrebbero essere censiti
e controllati. In pratica, il colabrodo Italia offre a tutti un
passaggio facile per la schiavitù.
Il terzo passo è stato quello di allargare a molti i benefici
dell'immigrazione selvaggia. Anzitutto la Marina italiana, di cui
nessuno conosce la funzione, ha trovato uno spazio di gloria e carriere
con la mitica operazione Mare Nostrum. Poi i Comuni degli sbarchi,
per metà disastrati dall'invasione dei clandestini, ma per
un'altra metà beneficiati da finanziamenti fuori controllo.
Infine, le finte cooperative dei finti volontari, che sono cresciute
a dismisura (Mafia Capitale docet).
La schiavitù non è più qualcosa di disonorevole:
è un business dell'accoglienza.
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