Le donne e l'equivoco dell'uguaglianza (2009) Uno dei cardini dell'Illuminismo, su cui si basa la società moderna, è l'uguaglianza. Ma il senso di questo termine è l'equivalenza cioè l'uguaglianza dei diritti, dei doveri e del potere, non la uniformità, l'omologazione, il conformismo. Le donne hanno fatto sacrosante battaglie nel secolo XX per rendere attuale l'uguaglianza promessa dall'Illuminismo. Le cose sono andate al contrario verso la fine del Novecento e in questo decennio. Oggi l'uguaglianza è intesa solo come imitazione e riproduzione. Le donne si vestono come gli uomini, si pettinano come gli uomini e parlano come gli uomini. Solo in televisione si vedono donne vestite diversamente. Nella vita quotidiana uomini e donne sono tutti in divisa: jeans e maglietta. La battaglia per il diritto delle donne a entrare in politica ai livelli più alti, è stato vinto quasi ovunque (l'Italia fa eccezione). Ma quando le donne hanno raggiunto ruoli importanti si sono comportate esattamente come gli uomini: basta ricordare Golda Meir, Margaret Tatcher, Indira Gandhi, Condoliza Rice. Nulla si sa della diversità delle donne imprenditrici
o managers, professioniste o alti burocrati, ma non risulta che
il loro stile sia diverso da quello degli uomini. Il passaggio
della Confindustria da un uomo a una donna non ha registrato differenze
sostanziali. Al contrario, le donne in carriera sembrano orgogliose
di essere "come gli uomini". Un grande equivoco: il diritto all'uguaglianza è stato interpretato come dovere di uniformità. |