Riflessioni intorno al problema degli standards per la formazione degli psicologi

Sul problema degli standards per la formazione degli psicologi registriamo numerosi contributi, la cui caratteristica unificante è quella di portare alla conclusione che la Scuola dello scrivente si trova dentro l'arco standard.
Tale autodifesa viene in genere paludata di discorsi apparentemente scientifici, ma che in realtà sono manipolazioni verbali e tautologie. Ritengo che per impostare correttamente il problema occorrano alcune premesse:

1) Esiste un problema di formazione degli psicologi tout court, di cui quello della formazione degli psicoterapeuti è solo un sottopunto; trattare il tema della formazione degli psicoterapeuti in modo separato da quello della formazione degli psicologi in genere, significa effettuare una distinzione arbitraria fra psicoterapia ed altre pratiche psicologiche. In realtà nessuno è in grado di dimostrare dove si collochi il crinale fra un'azione psicoterapeutica, un'azione educativa, un'azione di counseling, un'azione diagnostica. In tutti questi casi si tratta di rapporti fra un operatore ed un utente (individuale o collettivo), finalizzati a produrre un qualche cambiamento nel secondo. Ciò che definisce questo cambiamento terapeutico o formativo o orientativo è in ultima analisi solo il "contratto" definito dagli attori.

2) La professione psicologica è appunto una professione, cioè un mestiere arricchito da una teoria consapevole. Gli psicologi e gli psicoterapeuti sono nient'altro che operatori, il cui scopo è produrre cambiamenti intenzionali.
La formazione degli psicologi e degli psicoterapeuti è dunque un'azione tesa all'apprendimento di un mestiere. Essa non deve tendere a trasferire una fede, una missione, una ideologia, ma una capacità professionale.
In nessuna professione la formazione professionale viene confusa con l'iniziazione filosofica, come nel caso della psicologia. Le scuole di specializzazione professionale di altre professioni hanno semmai degli orientamenti, delle ispirazioni, ma non dimenticano che il loro compito è quello di preparare ad un mestiere. Per esempio, le scuole di formazione per macro-economisti, formano economisti in grado di lavorare sui mercati internazionali o alle dimensioni statali: non esiste una formazione per macro-economisti keynesiani contrapposta ad una di liberali puri.
Le scuole di formazione per designers preparano architetti capaci di produrre oggetti: nessuno farebbe una scuola per designers funzionalisti in contrasto con una per designers post-moderna. Le scuole di cinema preparano registi, capaci di fare films; nessuno penserebbe di formare registi secondo l'estetica felliniana o spielberghìana. Questo invece avviene in psicologia. Invece di scuole che formano psicologi per i consultori o psicoterapeuti per gli OO.PP., psicologi per la scuola o psicoterapeuti per le UU.SS.LL., esistono scuole che formano psicologi rogersiani o psicoterapeuti junghiani.

3) La professione psicologica o psicoterapeutica è diventata sempre più interna alle istitu zioni ed ai servizi, pubblici o privati. La maggior parte delle scuole invece è impostata sul vecchio modello dello psicoterapeuta "privato", con studio individuale, che raccoglie e seleziona una clientela volontaria, adeguando questa alle sue competenze, invece che adeguando le competenze all'utenza.
Formare psicologi o psicoterapeuti tout court ha senso quando si tratta della formazione di base, non ne ha alcuno quando si tratta di formazione professionale.
Questa ha a che fare con le reali mansioni che gli psicologi sono chiamati a svolgere dal mercato occupazionale. Occorre dunque una ricognizione, puntuale quanto dinamica, delle reali mansioni psicologiche e psicoterapeutiche e su questa impostare le scuole di formazione professionale post-lauream.
Se ciò non avviene lo psicologo e lo psicoterapeuta resteranno sempre privi di reali strumenti di intervento, come ora avviene per molti ex allievi usciti dalle scuole attuali. Preparati al metodo psicodrammatico oppure a quello rogersiano o a quello analitico, hanno solo due strade; aprire uno studio privato ed attendere clienti cui applicare l'unico metodo che possiedono, oppure diventare seniores nelle scuole di provenienza per addestrare altri giovani al metodo (in una specie di catena dì S. Antonio della psicologia).

4) La psicologia è forse l'unica disciplina che considera ovvio il metodo dell'insegnamento "a cascata". Si considera naturale e giusto che uno psicologo, terminato il suo training, diventi a sua volta formatore di nuovi psicologi. In altre professioni questo è esplicitamente condannato. Nessuno accetta che un insegnante, senza una preparazione specifica come formatore, insegni ad altri insegnanti; che un avvocato insegni ad altri avvocati; o un medico ad altri medici; o un manager ad altri managers. In genere, non basta che un professionista sia vecchio del mestiere, perché diventi maestro; ma occorre che il professionista si affermi come tale e che acquisisca particolari competenze didattiche, con una specifica qualifica. In campo psicologico, sono pochissime le scuole che richiedono speciali selezioni per diventare "didatti".

5) In tutte le professioni la supervisione è la porzione terminale della formazione professionale. Il giovane si laurea, poi si specializza professionalmente, infine si sottomette, per un periodo determinato, ad una supervisione.
La psicologia è l'unica professione che ammette la supervisione al posto della formazione professionale. Non sono poche le scuole che dopo un breve inizio di training avviano la supervisione, che in tal modo diventa interminabile.

6) Tutti i tentativi finora fatti dì dimostrare la superiorità di un metodo psicologico su un altro sono destinati al ridicolo. Le diverse teorie psicologiche sono infatti "teorie intermedie", che si fondano su meta-teorie e trovano validazione nelle verifiche operative. Da una parte le meta-teorie sono incommensurabili ed inconfrontabili, perché indimostrabili. Esse affondano le radici in opzioni filosofiche o religiose, in scelte comunque assiomatiche o ipotetiche. Tentare di dimostrare la maggiore fondatezza del metodo freu- diano rispetto a quello reichiano è come difendere la teoria corpuscolare della luce contro quella ondulatoria.
D'altra parte la validazione "a valle" dei metodi psicologici e psicoterapeutici è finora naufragata per la totale impossibilità di controllare tutte le variabili in gioco. Tutti i tentativi di verìfica dell'efficacia di un metodo sull'altro sono finora stati resi vani da ricerche aventi lo stesso peso scientifico. Addirittura esistono ricerche empiriche che hanno dimostrato l'irrilevanza dei diversi metodi rispetto al cambiamento ottenuto.

7) Alcuni indicano, come criterio di "nobiltà" delle scuole, l'esistenza di un orientamento clinico ed epistemologico preciso e collaudato per "anzianità". A parte il fatto che anche in questo caso si confonde la formazione professionale con l'orientamento meta-teorico, l'idea dell'anzianità stride fortemente colla mobilità del mercato occupazionale. In quale tradizione si cercherà per la formazione di uno psicologo turistico? e dove per la formazione di una psicoterapeuta di tossicodipendenti?

8) Un'altra indicazione spesso presentata è la "estensione nazionale". Anche qui siamo nella ottica delle correnti filosofìche invece che in quella delle scuole professionali. Perché assegnare una dimensione nazionale ad una scuola di specializzazione per psicoterapeuti di minori violentati? Oppure per psicologi specializzati in servizi pubblicitarì nei mass-media?

9) Quando poi si parla dì collegamenti internazionali, cosa si intende veramente? Significa collegamenti con associazioni del mondo statunitense? È noto come certe scuole di psicoterapia di origine californiana abbiano diffusione sia in Europa sia in Oriente, con una estensione assai maggiore di scuole come l'adìeriana o la sistemica. E come saranno valutati i collegamenti con le Università dell'Est europeo?

10) Infine qualcuno cerca di definire come standard minimo, la presenza di una fase di "immersione personale", cioè di addestramento alla consapevolezza ed al controllo del "mondo interno". Tale criterio è palesemente derivato dalla meta-teoria che mette l'inconscio o la coscienza o le emozioni, al centro della teoria psicologica. Purtroppo questo assioma non è più dimostrato di altri assiomi di ispirazione fisica e materialista che negano l'esistenza o l'importanza di un qualsiasi "mondo interno". L'immersione personale nel trai- ning è accettabile a partire dalla assunzione di una meta-teoria, negata la quale anche la formazione cambia standards.
È noto che psicoterapeuti behavioristi operanti tramite bio-feedback, oppure psicologi cognitivisti (solo per citare due casi), non ritengono necessario esplorare il cosiddetto mondo interno.
Ma anche fra le scuole che si fondano sulla rilevanza del "mondo interno", la immersione personale muta vistosamente di qualità, per esempio, fra un training psicoanalitico ed un training bioenergetico.
In conclusione ci pare che molti criteri esaminati sono inconsistenti o perché rimandanoa meta-teorie assiomatiche o perché non fanno che spostare a monte l'asse della discrezionalità soggettiva, mediante standards opinabilissimi come i collegamento internazionali, la estensione nazionale, o la produzione editoriale.
L'errore principale di questi tentativi è quello di operare sui "contenuti" della formazione psicologica, invece che sui "contenitori". I contenuti sono incommensurabili ed inverificabili, irriducibilmente conflittuali; i contenitori possono essere abbastanza ampi da contenereun vasto numero di metateorie, e controllabili a priori.
Si tratta dunque di reperire un insieme di "standards di contenitore", abbastanza aperti da contenere il maggior numero possibile di meta-teorie ma anche abbastanza precisi nel favorire una qualificazione ed un controllo.
D'altra parte tutte le istituzioni formative sono organizzate dallo Stato in modo da garantire gli utenti in termini di "contenitore" e non di "contenuto". Questo è lasciato alla libe ra scelta del corpo docente ed, in parte, dei discenti e delle famiglie. L'entrata dello Stato m questioni di "contenuto" formativo è considerata da sempre col giusto sospetto di totalitarismo, in quanto lo Stato laico, moderno e democratico non può scegliere fra meta-teorie ma deve lasciare alle parti sociali queste opzioni. Lo Stato democratico ha risolto questo problema (dover garantire la serietà di un processo formativo senza poter entrare in scelte meta- teoriche) definendo un quadro normativo di "contenitore". Naturalmente anche le scelte della laicità e delle norme di "contenitore" sono fondate su meta-teorie: le quali sono però talmente ampie e duttili da offrire il più vasto spazio di' consenso mai trovato nella Storia.
Ecco dunque un primo elenco di "norme di contenitore", che potrebbero garantire una maggiore serietà delle scuole di formazione per psicologi, senza entrare nella comparazione dei contenuti.

1) L'esplicita dichiarazione del tipo di lavoro che la formazione consentirà:
le scuole devono far sapere quale "job training" offrono, dove l'apprendimento potrà essere sfruttato, con quali utenti e in quali situazioni istituzionali.
Questo dovrebbe far uscire le scuole dalla logica dell'apprendimento di un metodo, che viene presentato come applicabile ovunque e comunque, ma che in realtà è sempre rigido e limitato. Le specializzazioni professionali dovranno essere per "psicologi dei servizi per tossicodipendenti", oppure per "psicoterapeuti liberi professionisti", oppure per "psicoterapeuti di deboli mentali" oppure ancora per "psicologi esperti di formazione" e così via. Questo non significa che debbano essere svalutati i corsi di mero apprendimento di un metodo (per esempio, la scuola per psicodrammatisti o per analisti sistemici o per psi- cologi di comunità ecc.); solo che in questi casi le scuole devono segnalare sia lo spettro di situazioni in cui il metodo è applicabile, sia i limiti nell'applicazione del metodo stesso. Tali limiti riguardano l'utenza, il setting organizzativo, ma anche gli apprendimenti complementari che il training non offre ma che sono necessari ad una particolare mansione. Per esempio, una scuola per psicoterapeuti della Gestalt dovrebbe avvisare esplicitamente che l'apprendimento di tale metodo non prevede anche l'acquisizione di competenze diagnostiche o di competenze organizzative, e che queste ultime saranno richieste allo psicologo che intende operare in un servizio territoriale.
Un ulteriore sforzo per rendere efficace questa "norma di contenitore" è la definizione dei profili professionali degli psicologi richiesti dal mercato del lavoro. Un lavoro triangolare fra enti committenti (aziende, UU.SS.LL., scuole, enti locali, ecc.), scuole di formazione per psicologi e Divisioni Professionali della SIPs, dovrà arrivare a definire gli "n" profili professionali attualmente richiesti dal mercato e impegnarsi a rinnovare tali profili periodicamente.

2) La definizione e formalizzazione degli accessi
Una norma da contenitore precisa ed accettabile è la seguente: "Le scuole di formazione per psicologi ammettono solo psicologi". La definizione può sembrare tautologica e crea qualche problema in via transitoria, ma sarà assai chiara dopo l'approvazione della legge sull'Albo. In via transitoria le ammissioni potrebbero essere limitate ai laureati in Psicologia o in Medicina, e agli Specializzati in Psicologia. Dato il numero di anni passati dall'apertura dei Corsi di laurea in Psicologia non sembra più giustificato l'accesso alle Specializzazioni di giovani con lauree non specifiche. Ne sembra giustificata l'abitudine di ammettere alla formazione post-lauream giovani che sono solo iscritti al Corso di laurea di Psicologia. Al massimo si può accettare l'ammissione di candidati che devono fare e discutere la tesi di laurea, purché abbiano terminato l'iter accademico con lutti gli esami prescritti. Ma oltre a questa norma formale, occorre prendere in esame il problema dell'orientamento e della selezione motivazionale ed attitudinale.
Attualmente la scelta del training da parte dei giovani è affidata al caso, alle amicizie o alla seduzione dei "didatti". Raramente la scelta è il risultato della comparazione fra diverse opzioni o dì una meditazione sulle possibilità occupazionali e le richieste del mercato. Occorre fornire ai giovani un servizio di orientamento, magari attraverso una con- certazione fra Università e SIPs. Tale orientamento potrebbe limitarsi all'informazione, trasparente ed analìtica, sulle offerte di formazione e sull'andamento del mercato del lavoro; ma potrebbe anche spingersi ad un vero servizio di counseling e selezione. Attualmente la percentuale di domande di ammissione alle scuole, che vengono respinte, è irrisoria. Il motivo è che le scuole hanno un interesse economico ad accettare chiunque, aldilà delle reali attitudini e motivazioni. Se esistesse un servizio di orientamento e selezione esterno alle scuole (gestito di concerto fra Università e SIPs) molti errori nelle ammissioni sarebbero eliminati.
Il candidato potrebbe rivolgersi al servizio di orientamento per conoscere quali offerte di training esistono sul mercato, quali sbocchi occupazionali sono più facili e quali caratteristiche hanno le mansioni più richieste. Dopo la fase esplorativa ed informativa, il giovane dovrebbe sottoporsi ad una serie di esami e colloqui tesi a rilevare eventuali incompatibilità attitudinali e motivazionali. Infine il giovane riceverebbe un attestato di idoneità all'ammissione ad una o più scuole di formazione professionale. Le scuole riceverebbero domande di ammissione già vagliate almeno in linea generale e potrebbero a loro volta selezionare i candidati, secondo criteri propri.

3. La durata
La durata della scuola post-lauream è un altro fattore "contenitore". Attualmente i modelli sono diversissimi. Tale diversità non è solo motivata dalla diversa serietà delle scuole. Spesso essa si giustifica con i! profilo cui il training punta.
È noto che un training quadriennale per chi aspira a diventare "psicoanalista libero professionista" è considerato insufficiente. Mentre cento ore di formazione per chi vuole specializzarsi in "psicoprofilassi del parto" possono essere sufficienti. Quante ore richiede una formazione per il "colloquio" nel consultorio? E per psicoterapeuti in psicoterapie brevi?
Lo spettro delle possibilità dì formazione post-lauream è vastissimo e inoltre è in evoluzione costante, perché evolvono i profili professionali, le aree di intervento psicologico, ed i metodi didattici. Una omologazione delle durate è un processo difficile, che può essere affrontato solo attraverso il dialogo e il confronto fra scuole. Tuttavia è forse possibile md.care standards minimi unificati, differenti per livello di ampiezza del titolo rilasciato.
Possiamo dividere in due grandi categorie le specializzazioni possibili. La prima è quella delle specializzazioni "orizzontali", cioè che coprono interamente un profilo professionale o un metodo (per esempio: "per psicologi dei servizi psichiatrici" oppure per psicoterapeuti della Gestalt"). La seconda è quella delle specializzazioni "verticali" cioè che riguardano porzioni o settori di professione (per esempio: "Formazione al colloquio" oppure "formazioni al T.A.").
Per la prima categoria si potrebbe determinare un miniino di 600 ore su quattro anni; per la seconda un minimo di 150 ore su due anni Indicando il numero minimo di ore e la loro distribuzione, non impediamo alle scuole di darsi una durata superiore, acquisendo in tal modo maggiore credito e spessore culturale.

4. La forma giurìdica e la struttura organizzativa
Allo scopo di tutelare i giovani risulta opportuno optare per quelle scuole la cui forma giuridica garantisce l'assenza di profitto, associazioni, cooperative, fondazioni. Queste forme giuridiche, oltre a garantire il non-profit, si connotano come strutturalmente collegiali, il che impedisce il sorgere di scuole centrate su "guru".
Come ulteriore norma si può richiedere che nell'Organo di Gestione della scuola sia presente di diritto un rappresentante dell, SIPs, delegato dal C.D. della sezione regionale In tal modo si avrebbe un discreto controllo dall'esterno, almeno per gli aspetti gestionali: la struttura organizzativa naturalmente sarà varia a seconda dei profili professionali e della didattica, tuttavia non è impossibile trovare garanzie di "contenitore", che possano andare bene per ogni modello di contenuto, possano anadare bene per ogni modello di contenuto.
Anzitutto occorre che la scuola abbia un direttore responsabile, che un eventuale organo di controllo possa chiamare a rispondere di questioni controverse In secondo luogo è necessario che la scuola abbia un "corpo docente" definito e qualificato, m maggioranza stabile. Accanto a questo corpo stabile possono poi esservi ospiti testimoni docenti specialisti. Infine è necessario fissare un numero di almeno tre riunioni l'anno del corpo docente, per la programmazione, il controllo in itinere e la verifica finale del processo formativo. Questa organizzazione compare naturalmente nei verbali della scuola, a disposizione sia dell'Organo di gestione sia del pubblico in genere.
Simili accorgimenti consentono di eliminare quelle situazioni formative che vedono diretto,, "fantasma" e docenti-passanti, ospiti estranei al progetto formativo- situazioni nelle quali nessuno si assume la responsabilità della formazione.

5. Il corpo docente stabile
Naturalmente ogni scuola deve essere libera di "ospitare" qualsiasi esperto, senza alcun obbligo particolare. Tuttavia è necessario che esista un corpo docente fisso, responsabile de, contenuti e della struttura formativa, identificabile si. dai discenti che dalla comunità. II numero di questo "collegio" varierà in conformità al modello formativo al profilo professionale ed alla dimensione della scuola e del territorio di utenza.
Invece la qualità dei docenti può essere in qualche modo regolata da un "contenitore". Anzitutto i docenti stabili di una scuola devono mettere a disposizione del pubblico (SIPs, Università, discenti) il loro curriculum. In esso deve trasparile quale iter formativo legitima il docente ad essere formatore.
Le scuole che prevedono un iter per ottenere la qualifica di "didatti" o "docenti" devono esplicitare l'iter che i loro docenti hanno seguito. Le scuole per le quali non e considerato alcun iter specifico, per la qualifica di didatti, devono esplicitarlo chiaramente, in modo che sia noto al pubblico.
Infine viene costituito presso la sezione regionale della SIPs un Albo dei formatori delle scuole rientranti nella normativa. L'iscrizione all'Albo avviene per autodichiarazione del richiedente e della scuola dove è docente stabile: quindi non esiste una selezione a priori, se non quella fatta dalle scuole stesse. C'è tuttavia una assunzione di responsabilità individuale e collettiva: l'iscrizione all'Albo può essere cancellata per gravi motivi dalla Sezione Regionale della SIPs, autonomamente o su richiesta della scuola di appartenenza. La cancellazione sospende o annulla la qualifica di "didatti" o "formatori" stabili nelle scuole di specializzazione.
Un tale sistema di controlli incrociati consente di responsabilizzare l'Organo di Gestione nella nomina del direttore; quest'ultimo nella nomina dei docenti stabili; e costoro nell'andamento della scuola nel suo complesso.

6. L'attestato finale
L'attestato finale della scuola viene rilasciato a tre condizioni; a) aver completato il monteore previsto nel curriculum; b) aver realizzato un lavoro finale scritto, da inviare oltre che alla scuola, anche all'Università dove si e conseguita la laurea e alla sezione regionale della SIPs- c) aver superato un colloquio finale con una Commissione formata da un docente stabile, il direttore della scuola, un delegato della Divisione Professionale SIPs in- teressata al titolo, un rappresentante dell'ente committente naturale dello specializzato (sanità, istruzione, impresa, ecc.).
Naturalmente tutte queste norme di "contenitore" non impediscono ne che si facciano tramings su modelli e assiomi meta-teorici poco fondati, ne che l'attuazione reale del contenuto formativo sia una somma di piccoli e grandi "pasticci".
Ma il discorso è lo stesso che all'Università. Nessuno è in grado di evitare che un docente insegni una psicologia inventata da lui stesso; come nessuno impedisce che certe lezioni vengano "tirate via" o durino solo 20 minuti o vengano tenute da qualche vice-vice del docente.
Nel contenitore qui presentato esiste una certa triangolazione fra scuola, SIPs e Università che una volta rodata può offrire qualche garanzia. Poi c'è il mercato dei giovani utenti che dopo la laurea, hanno qualche capacità in più, se aiutati ed informati con chiarezza, per giudicare se una scuola è scria ed utile oppure no. Infine c'è il mercato del lavoro, a giudicare. Una scuola che sfornasse specializzati che non trovano posto o che se lo trovano vengono mal giudicati dal committente, non potrebbe vivere pm di un lustro.
In ogni caso va ribadito che non si intende strutturare un sistema di contenitore al solo scopo di "punire" le attuali scuole. La maggior parte di esse è seria e valida, ed ha anche il grande merito di aver vicariato tutti gli altri poteri nella formazione specializzata degli psicologi.
La normativa serve , facilitare la lutei, dd giovani, affinchè scelgano l'iter più adatto e più utile per loro e per la società; ma serve anche alle scuole, affinchè dandosi una regolamentazione, possano svilupparsi ed essere sostenute e difese dalla comunità psicologica.

La SIPs gioca nel sistema il ruolo di regolatore, controllore e promotore delle scuole senza mai entrare nel merito dei modelli e dei metodi formativi.
Le scuole accettano di organizzarsi sulla base degli standard, indicati dalla SIPs, ma in cambio ne ottengono un riconoscimento formale ed un sostegno promozionale verso i giovani ma soprattutto verso i committenti.
I giovani ricevono maggiori garanzie per il loro training ma anche per l'uso che della formazione potranno fare in professione.
I committenti avranno degli psicologi più efficaci, preparati ed in ultimo, stimati.
Naturalmente questo sistema contenitore può non essere accettato d. qualche scuola. Questo non significa altro che questa scuola farà a meno del consenso e dell'appoggio della SIPs. La società dal canto suo non affermerà che le scuole che non sonodentro il sistema non sono serie e utili: semplicemente affermerà che, essendo queste scuole fuori dal sistema contenitore della SIPs, essa non può legittimamente esprimersi. Per le scuole che invece saranno dentro sistema contenitore, la SIPs non potrà garantire la perfezione, ma assicurerà l'esistenza degli standards minimi sopra descritti.

Compiti per la SIPs

Questo progetto, ammesso che sia accettato nelle sue linee, richiederà non meno di due o tre anni per vararsi. Per dirigersi verso l'obiettivo la SIPs dovrebbe intanto:
- avviare un censimento delle scuole (C.D. nazionale)
- avviare un cenisimento dei profili professionali (Divisioni Professionali)
- avviare almeno due centri di orientamento e selezione a Roma e Padova (Sez. Region.)
- avviare un Albo/Elenco didatti-docenti (Sez. Regionali e C.D. nazionale)

*Estratto da PSICOLOGIA ITALIANA. BOLLETTINO D'INFORMAZIONE DELLA SOCIETA' ITALIANA DI PSICOLOGIA, numero1-2, I° semestre 1986, pag. 14-21