Ordine degli psicologi: appena nato e già vecchio ? | |
La sortita di D'Alema sull'ipotesi di abolizione degli Ordini ha riaperto un vecchio dibattito Nel corso dei lunghi anni durante i quali ci siamo battuti contro 1'Ordine dei Medici per ottenere quello degli Psicologi erano parecchi i colleghi psicologi che si opponevano all'Ordine, in quanto struttura corporativa intrinsecamente liberticida e pre-modema. Questa argomentazione aveva per la verità molto seguito ed i difensori dell' Ordine degli Psicologi (compreso il sottoscritto) non obiettavano ad essa, nella sostanza L' obiezione che trovò maggiore consenso non era che gli Ordini fossero qualcosa di democratico e moderno, ma che gli psicologi non potevano che avere un Ordine per difendersi dallo strapotere dell' Ordine dei medici. L'idea che prese piede nella maggioranza dei colleghi fu: prima otteniamo ilnostro Ordine, poi eventualmente lotteremo per 1'abolizione di tutti gli Ordini. Gli anni sono passati e tutti possiamo constatare quanto il carattere corporativo, liberticida e pre-modemo di tutti gli Ordini, abbia permeate anche quello degli psicologi. In pochi anni il nostro Ordine ha mostrato tutta la sua tragica dannosita, diventando una struttura parassitaria, repressiva e corporativa. L'ordine degli psicologi, non diversamente da tutti gli altri, e diventata una struttura elitaria e costosa il cui primo fine sembra lo sviluppo di camera dei suoi membri attivi. Il costo della quota annua serve quasi interamente a mantenere una pletora di appartniki (tutti dotati di telefonino a nostre spese) la cui utilità per il singolo psicologo e pari a zero. I primi compiti che si è dati non sono stati la promozione della Qualità o la apertura di nuove possibilità bensì la repressione degli psicologi. L'affaire delle Scuole di Formazione, la regolamentazione della pubblicità, il codice deontologico sono alcuni esempi della funzione essenzialmente repressiva deU'Ordine. Infine, 1'Ordine non è al servizio del Paese, dell'utenza o della totalità della categoria, ma e il "comitato d'affari" della sotto-corporazione che lo governa (i clinici del Servizio Pubblico) e dei suoi alleati (gli accademici ed i clinici privati di basso rango) Se si facesse un censimento fra tutti i membri dei Consigli degli ordini regionali, troveremmo che l'80% lavora in una Azienda Sanitaria, mentre sul totale dei circa 30.000 psicologi italiani, queste categorie non arrivano nemmeno alla metà. II paradosso è che gli Ordini hanno un qualche senso per le professioni private, che senza una forma di autogoverno potrebbero essere troppo deboli verso lo Stato e troppo forti verso il mercato. L'Ordine degli psicologi e 1'unico Ordine progettato e governato da e per i dipendenti pubblici. Prova di ciò e il potere che ha nell'Ordine 1'AUPI, che, aldilà delle dichiarazioni teoriche è il sindacato degli psicologi dipendenti pubblici. Siccome tutte le contraddizioni vengono al pettine 1'Qrdine sta incorrendo in un visibile stallo sulla questione dell'ENPAP (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Psicologi). Un simile Ente si basa sull'obbligo "di iscrizione per i redditi di attività professionale di qualsiasi tipo, le cui prestazioni richiedano l'iscrizione all'Albo professionale" Nell'attività professionale si comprendono la libera professione, la collaborazione coordinata e continuativa e la prestazione occasionale. Dall'ENPAP sono dunque esclusi i dipendenti del servizio sanitario nazionale a meno che siano precari; ma anche i dipendenti di Enti Locali, imprese o università. Cioe circa un terzo degli psicologi italiani. Ma sono anche esonerati dall'ENPAP tutti quegli psicologi (ormai circa la meta) il cui reddito è conseguito con attività professionali che NON richiedono 1'iscrizione all'Albo. Se 1'Ordine non fosse stato appaltato da sempre ai dipendenti delle Aziende Sanitarie, avrebbe potuto impegnarsi nel tutelare e comprendere tutte Ie attività psicologiche previste dalla Legge istitutiva: prevenzione, diagnosi, abilitazione-nabilitazione, sostegno in ambito psicologico.......(comprese) le attività di sperimentazione, ricerca e didattica...(art.l, L.18-2-89, n.56). In concreto, vista la composizione degli organi di governo dell'Ordine, questi 9 anni sono stati spesi per 1'auto-organizzazione e per la tutela e promozione dell'attività psicoterapeutica, in particolare pubblica. II risultato e che oggi le attività di prevenzione, diagnosi, ricerca, formazione e riabilitazione in ambito psicologico, sia privato che pubblico vengono svolte da psicologi ma anche da non psicologi, nella totale indifferenza dell'Ordine. Gli psicologi di comunità impegnati nella prevenzione, gli psicologi del lavoro e dell'organizzazione che fanno consulenza e formazione, gli psicologi che operano nell'orientamento e nella diagnostica gli psicologi che lavorano nelle comunità terapeutiche o nei servizi di riabilitazione, gli psicologi che fanno ricerca e che insegnano psicologia si trovano a competere con laureati e non laureati in tutte le discipline (media, pedagogisti, sociologi, filosofi ma anche ingegneri ed economisti, educatori infermieri e assistenti sociali) che operano negli stessi ambiti, con gli stessi obiettivi, e gli stessi strumenti. L'Ordine cioè ha consentito per nove anni a che il mercato non psicoterapeutico degli psicologi fosse invaso tranquillamente da tutte le altre professioni. Ora dunque gli psicologi professionisti non psicoterapeuti conseguono un reddito da attività professionale le cui prestazioni non richiedono 1'iscrizione all'Albo tant'è che le stesse prestazioni vengono fatte da chiunque. Ciò è tanto vistoso che sono molti gli psicologi professionisti che stanno meditando di uscire dall' ordine da1 momento che essere iscritti provoca solo oneri e nessun diritto. Un terzo degli psicologi italiani è dipendente pubblico o privato, una metà vive di prestazioni che non richiedono iscrizione all'Albo: entrambe le categorie non sono obbligate ad iscriversi all'ENPAP . Gli obbligati sono gh psicoterapeuti privati, e quei dipendenti precari del servizio pubblico, che sono costretti ad accettare falsi contratti di collaborazione coordinata e continuativa o prestazione occasionale: in tutto non più di 5000 colleghi. Ma questa dell'ENPAP è solo la prima contraddizione che si profila. Fra non molto ne apparirà un'altra , che riguarda la trasformazione del lavoro psicologico da individuale a collettivo, da professionale a manageriale. Il singolo psicologo privato che opera nel monolocale è una figura dell'Ottocento. Nel prossimo secolo la psicologia diveterà impresa, fornitrice di sevizi psicologici, ma anche d'altra natura: sanitari, assistenziali, culturali, ricreativi, ecc. Questo mutamento porterà molti colleghi a diventare imprenditori o managers; molti studi individuali a diventare imprese; molti psicologi a lavorare con fisioterapisti, dietisti, albergatori, architetti, pubblicitari, assistenti sociali, educatori, ecc.. Tutto ciò farà saltare vecchi arnesi come il codice deontologico, la disciplina pubblicitaria, e i vari ENPAP e CAMPI che l'Ordine inventerà. D'Alema ha dunque buonissime ragioni e l'Ordine degli psicologi sarà il suo naturale alleato, perché dimostrerà la inutilità/dannosità di tutti gli Ordini. Purtroppo la battaglia sarà durissima perché gli Ordini, cioè le corporazioni, sono l'asse portante del nostro Paese che è geneticamente votato alla struttura per "fasci e corporazioni". L'unità d'Italia no è minata dai deliri bossiani più di quanto non sia da sempre minata da una struttura fatta di Ordini, Federazioni, Associazioni di categoria e sotto-categoria. Queste entità, storicamente nate come difesa dello strapotere statale e come difesa dell'utente, sono gradualmente diventate padrone dello Stato e dominatrici dell'utenza. In qualche misura esse sono lo Stato. Uno Stato parcellizzato ed insieme totalitario, del tutto indifferente ai diritti di cittadinanza. Buon lavoro, D'Alema! |
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