1. Premessa
Stiamo cercando in questa Conferenza di misurare il grado di maturità
raggiunto dallanimazione italiana. Se dobbiamo giudicare dal
sistema formativo, la conclusione è sconsolante. A tuttoggi
possiamo dire che non esiste in alcuna Regione un esempio di curricolo
minimo unificato, e nella maggioranza delle Regioni non esiste
nulla o quasi. In questa sala ci sono circa 200 persone di diverse
età che operano nellanimazione di ben. 7/8 settori:
quanti dei presenti possono dire di avere una formazione di base
come animatore? Purtroppo lanimazione, nei suoi 20 anni di
vita, non e ancora riuscita ad ottenere dagli Enti pubblici alcuna
iniziativa di formazione di base. E non è riuscita nemmeno
a trovare un consenso al suo interno su cosa sia e come debba essere
fatta questa formazione di base. Speriamo che questa sia unoccasione
di avanzamento.
Nella storia dello sviluppo di tutte le professioni e mestieri
in senso moderno (cioè in qualche modo collegati col
sistema industriale) esiste un rapporto circolare fra insediamento
della professione nel panorama occupazionale e formalizzazione del
curriculo scolastico specifico.
Ogni nuova professione nasce sulle orme di bisogni sociali, che
le professioni esistenti non riescono a soddisfare. Tale nascita
e solitamente accompagnata da incertezze e conflitti sia fra
la nuova professione e le vecchie, sia allinterno dei
promotori della nuova professione. Nella fase di statu nascenti
della professione, i lavoratori che vi appartengono vengono retribuiti
in modi impropri (lavoro saltuario, nero, semi volontario).
La diffusione della professione porta a richieste di formalizzazione
contrattuale, continuità, riconoscimento di status.
A queste richieste la società risponde in genere chiedendo
una garanzia: un curriculo formativo controllabile e formalizzato.
Tale curricolo è una forma di garanzia verso la società,
che in cambio offre unaccettazione della nuova professione.
Poiché i primi esploratori della nuova professione si sono
ovviamente fatti da sé, seguendo percorsi diversi
e tortuosi, ciascuno di essi cerca di modellare sul suo percorso
la formazione di base del settore. Questo apre naturalmente
dei conflitti fra i padri della professione, che hanno
il benefico effetto di distillare il meglio, ma hanno anche
il malefico effetto di ritardare la formalizzazione della professione.
Mi sembra che gli anni Ottanta trovino lanimazione a questo
stadio.
Per avviare il problema a soluzione occorre tentare uno sforzo di
analisi della situazione attuale del mercato occupazionale,
in quanto a quantità e composizione della offerta di
lavoro.
2. La formazione di base
Questa analisi dovrebbe essere fatta dagli Enti regionali, perché
sia gli utenti (imprese, istituzioni, associazioni) sia le associazioni
degli animatori sono troppo polverizzati e settoriali per riuscire
a fare un lavoro corretto. Dovendo infatti parlare di formazione
di base non possiamo pensare a iniziative settoriali o localistiche.
La formazione di base è tale se fornisce agli allievi capacità
minime per offrirsi su un mercato del lavoro diversificato geograficamente
e settorialmente.
Per esempio, le iniziative più serie, per durata e qualità
del curricolo, di cui siamo a conoscenza attualmente sono quelle
del CMSR e della Scuola del Piccolo Teatro. A parte ogni considerazione
di contenuto o di metodo, il problema di queste due iniziative è
la settorialità.
Il CMSR prepara operatori centrati principalmente sul lavoro con
unutenza minorile, nel settore del gioco urbano. La Scuola
del Piccolo prepara operatori centrati sulla tecnica teatrale.
In entrambi i casi crediamo si possa parlare più di
specializzazione che di formazione di base. Per esempio, credo che
sarebbe difficile per un diplomato CMSR operare nel settore delle
vacanze per adulti; così come per i diplomati del Piccolo
operare con le tecniche del gioco.
Queste settorializzazioni sono tuttavia di un certo respiro, cioè
offrono anche elementi di base, ma sono in netta minoranza
nel panorama italiano. Si contano a centinaia i corsetti per animatori
sportivi, animatori di colonia, animatori
audiovisivi, animatori per anziani, animatori
di formazione che vanno dalle 10 alle 100 ore. Si tratta
di settorializzazioni per aree di intervento, per fascia dutenza,
per tecnica, con una casistica di durata e di metodi formativi che
vanno dalla prima sensibilizzazione allaggiornamento,
allinformazione, allindottrinamento.
Questa polverizzazione per settore e questa variegazione per modelli
di formazione, portano due conseguenze molto negative: da una
parte la scarsa elasticità della forza lavoro, che essendo
preparata per settore non può aspirare alla rotazione fra
i settori e quindi al tempo pieno; dallaltra la eguaglianza
del valore dei titoli, che favorisce un trend al ribasso degli iter
formativi. Tale polverizzazione è anche supportata dallinsipienza
e dalla vocazione assistenziale degli Enti locali che finanziano
con disinvoltura ogni iniziativa, senza alcun rigore di piano.
Una formazione di base deve offrire agli allievi le capacità
e conoscenze minime applicabili in ogni settore occupazionale; e
deve essere seguita da una specializzazione e da una formazione
permanente. Inoltre la formazione di base deve avere unestensione
ed una durata tali da far equiparare lanimatore agli altri
professionisti sociali intermedi (assistenti sociali, educatori)
dai curricoli già formalizzati.
Tale equiparazione è necessaria perché altrimenti
lanimatore continua a rimanere ad un livello più
basso dì altri operatori limitrofi.
Nellallegato 1è presentato un progetto di massima circa
la formazione di base dellanimatore.
3. Formazione dei volontari
Un problema simile riguarda i volontari che desiderano fare animazione.
Molti operano nel tempo libero, nelle attività ricreative,
assistenziali, culturali, con impegno e dedizione. Tuttavia
un volontariato che vuole essere veramente utile non può
non porsi il problema di qualificare i suoi interventi. Il movimento
volontario attuale sta superando un certo caritativismo pasticcione
per sempre più essere un sostegno indispensabile al lavoro
sociale professionale.
Il problema formativo dunque si pone e in modo complesso. Da una
parte infatti il volontariato sente lesigenza di una formazione,
dallaltra non è possibile offrire una formazione di
base canonica, per leccessivo costo ed impegno
che questa richiederebbe.
La formazione di base del volontariato deve dunque essere più
breve di quella del professionale, ma ciò non vuoi dire
di minore serietà. 11 problema è come economizzare
il tempo della formazione di base. Credo che la soluzione possa
andare in due direzioni. La prima è quella della scelta dellessenziale
che caratterizza limpegno volontario; la seconda è
quella della formazione permanente.
3.1 Quali contenuti caratterizzano essenzialmente il volontario?
Se pensiamo al volontario come supporto del professionista,
o come smistatore dellutente verso il professionista,
o come vicario temporaneo del professionista, in aree
o momenti del giorno limitati, possiamo sostenere che lessenziale
della formazione si identifica con larea delle capacità
personali e relazionali ("saper essere"). Le conoscenze
teoriche sono importanti specie per impostare un servizio o un progetto.
complesso: attività che dovrebbe spettare ai professionisti
e nella quale i volontari si dovrebbero inserire. Le capacità
tecniche sono importanti per aggredire un problema con lintenzione
di risolverlo: ma anche questa attività attiene alla responsabilità
professionale e raramente può essere delegata al volontariato.
Naturalmente questo modello non può essere sempre generalizzato.
Ci sono casi in cui le conoscenze teoriche e tecniche sono molto
importanti per il volontario: pensiamo agli animatori sportivi o
agli animatori socioculturali. Tuttavia credo che nella generalità
dei casi possiamo pensare al volontario come a colui che opera in
attesa del professionista, o subito dopo che il
professionista se ne è andato.
Nei casi in cui il volontario opera insieme al professionista, dovrebbe
avere un ruolo di collaboratore solo parzialmente responsabile.
Se la professionalità di un operatore è data dallinsieme
delle tre famose porzioni ("sapere", saper
essere, saper fare) non credo si debba fare del
volontario un professionista di serie B, cioè
un operatore che sa di tutto in maniera superficiale. Credo
invece sia più utile dare al volontario un approfondimento
pieno di almeno una di queste tre dimensioni, e semmai una infarinatura
delle altre due.
I programmi di formazione di base per volontari dovrebbero dunque
fondarsi sulla formazione della personalità e del comportamento,
più che sulle conoscenze teoriche e sulle capacità
strumentali.
3.2 La seconda direttrice è quella della formazione permanente
Mentre gli operatori professionali possono contare su sicurezze
offerte dallo status, dalla retribuzione, dallinvestitura
formale, dalle organizzazioni di appartenenza, i volontari
possono contare solo su sicurezze personali.
Tali sicurezze devono però essere rinforzate periodicamente,
se non si vuole correre il rischio dellannegamento del volontario
nelloceano della pratica quotidiana. Dunque, mentre la formazione
di base può essere concentrata nel tempo e nelle dimensioni
di apprendimento, la formazione permanente del volontario può
essere lutile sostegno al mantenimento della qualità
della prestazione.
Nellallegato 2 propongo un programma tipo per la formazione
di base e permanente dei volontari.
4. Formazione dei formatori e dei dirigenti degli animatori
Se occorre una professionalità provata per gli animatori,
a maggior ragione ne occorre una per i formatori e per i dirigenti
degli animatori.
LItalia sembra essere un Paese in cui il principio di
Peter ha particolare estensione. Tale principio afferma che
la gerarchia di un sistema si struttura secondo il principio
della massima incompetenza.
Un buon animatore viene promosso coordinatore di unéquipe
danimazione. In tale ruolo gli si richiedono capacità
diverse da quelle dellanimatore, ma nessuno si preoccupa
di fornirgliele.
Se come coordinatore si mostra incapace, resta dove è. Se
si dimostra capace, viene promosso responsabile dei servizi di animazione
di una città o di una organizzazione. In questo nuovo ruolo
gli si richiedono nuove capacità che nessuno gli fornisce.
Se offre una prova mediocre, resta ad occupare la posizione
raggiunta; se invece offre brillanti risultati, viene chiamato a
formare nuovi animatori, magari a livelli regionali o nazionali.
In questa nuova posizione servono nuove e diverse capacità,
che ancora una volta nessuno gli fornisce. E così via.
Basta un minimo di conoscenza del sistema sociale italiano, per
riconoscere che si baia sul principio di incompetenza. Non esiste
infatti nessuna scuola (o curricolo formale) per formatori o per
dirigenti del settore sociale. Gli stessi dirigenti, formatori o
amministratori che tuonano per una maggiore qualificazione degli
operatori, dimenticano la totale inesistenza della loro propria
formazione di base o permanente.
Anche. le grosse organizzazioni di massa (politiche, sportive, culturali,
assistenziali) che tentano iniziative per i quadri,
raramente si addentrano in questioni formative, ma si limitano ad
iniziative di indottrinamento ideologico.
Il problema va dunque preso a monte. Occorre stabilire
quali conoscenze e capacità si richiedono a chi amministra,
forma o dirige gli animatori professionali o volontari: ed
occorre di conseguenza programmare attività di formazione
di base per questi livelli.
5. Formazione permanente ed aggiornamento
Attualmente il panorama italiano, privo come è di iniziative
formative di base, è costellato di iniziative che vengono
catalogate nel settore formazione permanente o aggiornamento.
Le due parole sono usate assai a sproposito, perché
entrambe presuppongono una formazione di base inesistente. In realtà
queste due attività vengono privilegiate per il minor impegno
che richiedono. Apparentemente esse sono più brevi e
perciò meno costose. Ma questo ragionamento mostra la sua
precarietà se si considera il costo, non in assoluto, ma
in relazione ai benefici.
Centinaia di iniziative formative brevi ed economiche, che non servono
a nulla ~: quasi, costano in realtà assai di più di
una decina di iniziative serie e di lunga durata. Molto spesso le
iniziative presentate come di formazione permanente e di aggiornamento,
ambiscono ad essere una formazione di base, oppure sono iniziative
di specializzazione o di riqualificazione. Il problema non
è solo terminologico. Tutte queste attività formative,
se condotte seriamente, richiedono progetti, metodi, tecniche,
tempi ed organizzazione
diversi, per raggiungere qualche risultato. Equivocare, mescolare
e scambiare unattività per unaltra, significa
erigere a sistema lincompetenza e provocare sprechi enormi
di risorse e motivazioni.
Per esempio, fare formazione allanimazione ad insegnanti dell'obbligo",
non è formazione permanente, né aggiornamento (quando
mai gli insegnanti hanno avuto una formazione di base allanimazione?),
ma è una attività di vera e propria riqualificazione
o riconversione. Cioè si tratta di una attività di
cambiamento del ruolo dellinsegnante e, in parte, della stessa
organizzazione didattica.
Sarebbe aggiornamento se si trattasse solo di ammodernare le tecniche
degli insegnanti di attività espressive. 11 più delle
volte, quando professioni sociali tradizionali (insegnante, assistente
sociale, educatore, sociologo, psicologo, operatore culturale, ecc.)
desiderano assumere lanimazione come stile nuovo,
cioè modo nuovo di fare il loro lavoro, si tratta di un problema
di riconversione o riqualificazione, che va a toccare il nucleo
del ruolo professionale. Tale attività richiede metodi
precisi e non può essere confusa con laggiornamento
o la formazione permanente.
Questultima è unattività finalizzata a
continuare ed espandere le acquisizioni della formazione di base.
Poiché nessuna formazione di base estingue il bisogno formativo
(che è illimitato) e poiché la società
e la scienza sono in costante cambiamento, gli operatori devono
poter contare su un legame permanente o ricorrente con la formazione.
Tale formazione non può che essere un approfondimento degli
apprendimenti di base, che vengono, attraverso la pratica operativa,
confrontati con la realtà. La formazione permanente
non può che essere approfondimento attivo in un territorio
specifico.
Questa definizione indica che essa deve:
1) essere ad avanzato livello;
2) precedere il coinvolgimento attivo e diretto dei partecipanti;
3) collocarsi a livello preciso di spazio e di settore.
Se queste caratteristiche non ci sono, significa che siamo nellarea
dellaggiornamento.
Queste distinzioni, ho detto prima, non solo hanno rilevanza per
la scelta dei diversi metodi ed impianti formativi, ma hanno anche
rilevanza in ordine agli obiettivi da raggiungere. Mentre infatti
laggiornamento esclude, per sua natura, la modifica reale
dei comportamenti professionali, la riqualificazione e la formazione
permanente si propongono proprio questo obiettivo. Misura dellefficacia
dellazione formativa sarà dunque:
a) nel caso dellaggiornamento, la diffusione di notizie e
conoscenze che si aggiungono a quelle preesistenti;
b) nel caso della riqualificazione, la modifica del ruolo professionale
e del comportamento collegato;
nel caso della formazione permanente, la espansione delle capacità
fornite durante il processo iniziale.
Allegato 1
SCUOLA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER OPERATORI SOCIO-CULTURALI
E ANIMATORI DEL TEMPO LIBERO a cura di Guido Contessa
1. Premessa
Esistono nel sistema di formazione professionale della Regione
Lombardia Scuole triennali per operatori socio-educativi e socio-assistenziali;
esiste inoltre una Scuola sperimentale per operatori socioculturali
di biblioteca (biennale). Salvo le diverse sfumature, le figure
professionali di questi tre tipi di scuole sono: lassistente
sociale, leducatore specializzato e il bibliotecario animatore.
Nel settore dellanimazione socio-culturale e del tempo libero
si annoverano numerose iniziative di portata e tipologie diverse:
dai corsi nel settore (assistenti di colonie), ai corsi per
tecniche (animatori musicali), ai corsi di aggiornamento in
servizi particolari (anziani, comunità-alloggio, ecc.). Il
corso di base più consistente, attualmente attivo in Lombardia,
è quello organizzato dal CMSR che ha tuttavia due limiti
precisi:
essere focalizzato sullarea dei campi-gioco e dei centri di
tempo libero;
avere una durata sensibilmente inferiore a quella dei corsi
per operatori socio-educativi e socio-assistenziali.
2. Il mercato del lavoro
Attualmente il mercato del lavoro nel settore socio-culturale e
del tempo libero è in continua espansione. La diminuzione
dellorario di lavoro, la riduzione della durata della
vita lavorativa, la espansione dei consumi culturali e di tempo
libero, laumentata scolarizzazione, la diffusione delle attività
di educazione permanente: sono tutti fattori che determinano un
aumento progressivo dellofferta di lavoro nel settore
socio-culturale e del tempo libero. Un calcolo approssimativo attesta
intorno alle 50.000 unità i lavoratori che svolgono mansioni
animative nel solo settore turismo-vacanze per minori e per adulti.
La gran parte di questi è ancora stagionale, ma aumenta il
numero degli occupati nel settore, che stabilizza loccupazione
presso committenti
diversi. Per esempio, stanno aumentando gli operatori assunti destate
per campeggi o campi Robinson, dinverno per le attività
integrative o i soggiorni per anziani.
Almeno altrettanti sono gli operatori dei servizi urbani decentrati:
campi-gioco, centri dincontro, dopolavoro, cineforum, centri
culturali, associazioni giovanili, musei e biblioteche, servizi
per handicappati.
A questi si aggiungono operatori di attività integrative
nella scuola, operatori di istituzioni e comunità per emarginati
(handicappati, tossicodipendenti, dimessi OOPP), operatori
delleducazione permanente degli adulti (alfabetizzatori,
150 ore, educazione sanitaria, alimentare, ambientale) ed infine
operatori di associazioni volontarie.
La stima complessiva sul territorio nazionale di almeno 50.000 posti
di lavoro a tempo pieno e di circa 100.000 a part-time, non
è infondata. Agli operatori di base vanno aggiunti i
dirigenti-coordinatori dei servizi (circa 15.000 su un rapporto
1/100) ed i formatori (circa 1500 su un rapporto 1/1000). Va ricordato
che nessuna figura professionale ha visto nascere le sue istituzioni
formative prima che il mercato del lavoro fosse stabilizzato; al
contrario lesistenza di iniziative di formazione ha contribuito
sempre a stabilizzare il mercato del lavoro.
3. Impostazione generale
La Scuola per OSC/ATL qui proposta si baia su alcune linee generali:
1) una durata biennale per gli operatori di base, più un
anno di specializzazione per dirigenti o per formatori;
2) ogni anno ha una durata intorno alle 1000 ore, al pari delle
scuole per OSE e OSA;
3) le ore previste devono suddividersi in ora di scuola e di tirocinio
sul campo;
4) le ore di scuola devono prevedere un equilibrio ottimale fra
gli apprendimenti cognitivi (sapere), le acquisizioni strumentali
(saper fare) e le capacità personali (saper essere);
5) il primo anno è di base, il secondo anno si finalizza
ad una specializzazione in due o tre settori;
6) la Scuola a fianco dei corsi di base deve prevedere corsi ridotti
per operatori volontari, part-timers, stagionali, e per laggiornamento
di operatori già in servizio;
7) le specializzazioni del secondo anno devono essere modulari in
modo da consentire ai diplomati un facile inserimento in specializzazioni
che fossero richieste dallevoluzione delle loro mansioni.
4. Organizzazione
La Scuola deve avere una dimensione regionale, perché solo
questa consente una dimensione ottimale ed una continuità
sufficiente a garantire la qualità. Il finanziamento può
essere regionale, statale o provenire da un Consorzio di Comuni
o dal Fondo Sociale Europeo.
11 costo generale approssimativo delliniziativa è di
circa 1.000.000 per allievo per ogni anno scolastico, comprensivo
di ogni spesa per la organizzazione didattica.
La realizzazione della Scuola può essere garantita da subito
da tre organizzazioni da tempo operanti nel settore della formazione
degli animatori socio-culturali e del tempo libero:
Isameps (per lorganizzazione e per i contenuti didattici
di ordine amministrativo, giuridico, sociologico e sociopolitico
e socioeconomico)
Aiatel (per il tirocinio, laddestramento tecnico-strumentale)
Arips (per la metodologia formativa, i contenuti psicologici
e psicopedagogici e psicosociali, e per laddestramento
relazionale). Naturalmente, qualora se ne presentasse lopportunità,
i tre Enti indicati sono disponibili alla collaborazione con Enti
e persone diverse.
La ammissione alla Scuola per i corsi di base dovrebbe essere subordinata
ad un titolo di Scuola superiore. 11 diploma rilasciato alla fine
del biennio o del triennio dovrebbe essere riconosciuto almeno in
ambito regionale, quale titolo valido per i concorsi o le assunzioni
anche stagionali.
5. Metodologia
La metodologia della Scuola è quella del lavoro attivo e
del piccolo gruppo di apprendimento. Sono previsti anche momenti
di trasmissione di contenuti teorici e momenti autocentrati, Lo
staff prevede:
animatori di gruppo (coordinamento docenti, stimolazione
e verifica dellapprendimento, training di gruppo)
tutors (supervisori individuali e dei tirocini)
docenti (portatori di contributi teorici)
addestratori (animatori degli ateliers)
LA FORMAZIONE DEI FORMATORI DEI FORMATORI
Lo staff iniziale non può essere formato ad una scuola apposita.
Esso deve essere formato con questi accorgimenti:
1) selezione mediante analisi del curriculum professionale che deve
comprendere esperienze specifiche di animazione e di formazione;
2) il gruppo selezionato deve dedicare almeno dieci giornate di
seminario interno il primo anno; e cinque giorni ogni anno,
finalizzati ad omogeneizzare limpostazione formativa
di ognuno;
3) lo staff deve essere supervisionato periodicamente dal direttore
della scuola o da un supervisore esterno.
Allegato 2
PROGRAMMA PER LA FORMAZIONE DI BASE PER VOLONTARI DELLANIMAZIONE
a cura di Guido Contessa
1. Volontari-animatori e Animatori-volontari
Il movimento volontario ha aspetti assai diversi ed opera in settori
i più vari. Esiste un volontariato dellassistenza,
della salute, dellecologia, ecc. Ciascuno di questi volontariati
opera anche con lo stile dellanimazione, ma non sempre e necessariamente.
In qualche caso si tratta solo di assistere chi ha bisogno,
o di difendere solamente un patrimonio naturalistico.
In molti casi però i volontari dei diversi settori si
pongono anche problemi di animazione dei gruppi e delle comunità.
Per esempio, gruppi ecologici, oltre ad occuparsi del territorio,
si propongono di sensibilizzare la pubblica opinione, creare altri
gruppi, sollecitare una voglia di natura nelle scuole,
e cosi via. In questi volontari lanimazione può costituire
una porzione più o meno importante del complesso delle competenze
che essi hanno. Possiamo chiamarli volontari.animatori.
Ci sono altri volontari che operano esclusivamente o primariamente
nellanimazione. Essi si propongono di far aumentare la
coscienza degli individui, dei gruppi e delle comunità, mediante
attività ricreative, culturali, educative, sportive o socializzanti.
Più che lavorare in un settore specifico e per un progetto
specifico, costoro operano con le persone solo per la
loro crescita. Spesso organizzano iniziative concrete (magari
anche ecologiche) ma non si possono considerare volontari-animatori
(per esempio dellecologia). Questi li chiamerò
animatori.volontari. La questione è simile a
quella che si pone nelle professioni. Ci sono insegnanti, assistenti
sociali, preti, psicologi, educatori che operano nello stile dellanimazione
e che vengono definiti col loro ruolo professionale e collaggiunta
(legata con trattino) del termine animatore. Si parla così
di insegnante-animatore, prete-animatore, psicologo-animatore,
e così via. Poi ci sono operatori che si definiscono animatori
tout court: di centri dincontro, di campi estivi, di colonia,
teatrali, socioculturali, e così via. Insomma distinguiamo
lanimazione come stile dallanimazione come vera
e propria professione. Medesima distinzione si può fare per
i volontari che hanno uno stile animativo, o fanno anche animazione,
e per i volontari dellanimazione.
La distinzione non è formale perché i due livelli
richiedono programmi formativi diversi, sia nel percorso iniziale
che in quello ricorrente, sia nellaggiornamento sia nella
riqualificazione.
Il programma qui presentato riguarda principalmente gli animatori-volontari
o volontari dellanimazione.
2. I volontari dellanimazione e la loro formazione
La formazione di un operatore sociale comprende almeno tre aree:
conoscenza teorica (sapere), abilità tecnica (saper
fare), capacità personali relazionali (saper essere).
La formazione di base degli operatori professionali prevede in genere
una equi ripartizione fra queste tre aree, ma questo richiede un
certo investimento di tempi e risorse. Tale investimento non
può essere chiesto anche per gli operatori volontari, per
ovvi motivi. Si danno dunque due possibili scelte.
La prima è quella di ridurre il programma base degli animatori
professionali, come in riduzione fotografica. In tal caso si prendono
le 1000 ore annue previste (v. allegato 1) per gli animatori professionali;
si riducono a 100/200 ore; infine si riducono di conseguenza, proporzionalmente,
i diversi apprendimenti. Tale scelta ha un limite evidente
nella superficialità, anche se ha il vantaggio della orizzontalità
della formazione di base del volontario
La seconda scelta è quella di determinare quale è
il nucleo centrale ed essenziale della formazione dellanimatore
volontario; assegnare a questo nucleo circa il 70% del monte orario
disponibile; e lasciare la quota rimanente ad una semplice informazione
su quanto è considerato accessorio.
Tale scelta ha il vantaggio della profondità, ma il limite
di sorvolare su aspetti in genere considerati più immediatamente
concreti. Sembra infatti ovvio che, dovendo fare una
opzione circa il nucleo della formazione dellanimatore volontario,
questa non può ricadere né sulla tecnica, né
sulla teoria. Le conoscenze teoriche e le abilità tecnico-strumentali
sembrano essere più propriamente caratteristiche delloperatore
professionale, al quale il volontario è destinato ad affiancarsi.
La scelta sembra dover cadere sulle capacità personali
e relazionali, sulla sensibilità, sul saper essere.
Unarea questa, che caratterizza lanimatore volontario
come operatore che usa per il proprio servizio essenzialmente o
principalmente se stesso. Un se stesso che deve dunque
essere formato: allintrospezione, ai rapporti cogli altri
e colle diversità, alla tenacia ed alla resistenza alle frustrazioni,
alla apertura ed alla fiducia, allascolto ed alla lettura
dei bisogni, alla disponibilità ed alla serenità.
Caratteristiche queste che possono essere apprese, se non nella
sostanza, almeno nelle loro modalità espressive.
In altre parole, sarà difficile formare alla fiducia,
ma è possibile formare ad esprimere un atteggiamento
ed un comportamento aperto e fiducioso. Se non è possibile
formare alla relazione di scambio, sarà possibile formare
ad esprimere comportamenti funzionali al lavoro di gruppo.
Essendo assai complesso questo lavoro, molta attenzione andrà
posta alla formazione permanente. Laspetto del saper
essere infatti è quello che più necessità
un insegnamento-apprendimento continuo, essendo a dimensione illimitata.
Un aspetto che va considerato sia nella formazione di base che in
quella permanente, è quello della settorialità.
Mentre infatti i professionisti devono poter agire su un mercato
del lavoro variegato, per aspirare ad un contratto part-time, i
volontari scelgono il settore di intervento in base a motivazioni
o interessi precisi: per essi dunque la settorialità può
essere un elemento centrale della motivazione.
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