Ipse dixit

La locuzione Ipse dixit, tradotta letteralmente, significa "l'ha detto egli stesso". Di fatto viene per lo più intesa e usata nel senso che, avendolo detto egli stesso, vale a dire una persona famosa e autorevole, non si può più discutere. Il detto compare nel De natura deorum (I, 5, 10) di Marco Tullio Cicerone, il quale, parlando dei pitagorici, ricorda come fossero soliti citare la loro somma autorità, Pitagora, con la frase Ipse dixit, per poi criticare tale formula in quanto elimina la capacità di giudizio dello studente. Nel medioevo la somma autorità in questione non è più Pitagora, ma Aristotele: il detto, infatti, è attribuito ad Averroè, il più importante studioso arabo del filosofo. Secondo una sua interpretazione, Aristotele afferma in forma scientifica le stesse verità esposte nel Corano e, pertanto, il pensiero aristotelico non va interpretato ma accettato, perché Ipse dixit. (fonte)

La modalità Ipse dixit è il più evidente sintomo di una cultura autoritaria, oscurantista, repressiva. Serve a occultare l'eredità illuministica, cioè la ragione, il dubbio, il confronto; a promuovere l'adesione di massa al pensiero dominante; a manipolare la verità senza il rischio di confutazioni.

Mass media
E' famosa l'asserzione "L'ha detto la tv". Con peso minore si usa anche "come dice il giornale". Oggi qualche sprovveduto arriva a dire "lo dicono tutti in Rete". Questa frasi hanno lo scopo di azzerare il dibattito, annichilire le obiezioni, sottomettere all'autorità di una fonte. Se c'è una fonte screditata, ingannevole, manipolatrice è proprio quella dei mezzi di comunicazione di massa: tv, radio, giornali, rete. Salvo qualche rarissima eccezione, i mass media seguono sempre e solo l'interesse dei giornalisti, degli editori, delle inserzionisti di pubblicità, del regime dominante, delle potenze imperiali. Nessuno ci fa più caso, perchè tutto in tv diventa un ammasso di bufale e sghignazzi, ma una delle trasmissioni maggior successo si basa sulle "veline". Le quali non sono ragazze coi veli, ma fogli leggeri che il fascismo mandava ogni giorno ai giornali per indirizzarne gli articoli.
Oggi le veline le mandano i vescovi, il governo, la CIA, l'UE. Ma spesso non servono perchè giornalisti, mezzibusti, dirigenti, editori sono selezionati fra quelli che sono "velinati" a priori. Il recente dibattito contro le "fake news" (notizie bufala) della Rete è paradossale e grottesco, perchè proviene da giornali e tv che vivono da sempre di sole notizie bufala. Quelli che ancora oggi dicono "lo dice la tv, il giornale, la Rete" sono pericolosi: o sono troppo ingenui o vogliono zittirci.

Statistiche
Più raffinato e più recente dell'autoritarismo mediatico, c'è quello statistico. Su ogni argomento è un pullulare di ricerche e statistiche che ambiscono ad avere la parola definitiva su ogni argomento. Tirare fuori una percentuale nel mezzo di un serio dibattito è una mossa che ha lo scopo di zittire tutti e chiudere il confronto. I numeri sono una divinità che pochi si sentono di confutare. "I dati statistici dicono....." vorrebbe essere la frase sostitutiva dell'autorità di Aristotele.
Nessuno si allarga a dire quale è la fonte dei dati statistici usati come "ipse dixit", come vengono raccolti e trattati i dati, quali sono le possibili letture alternative dei numeri elencati. Primo: perchè sarebbe troppo noioso. Secondo: perchè nemmeno chi si appella ai dati conosce queste informazioni. Terzo: perchè non serve (nessuno controlla se i dati sono veri o inventati). Basta la frase: "I dati statistici dicono.....", e non serve altro.
L'affollamento dell'autoritarismo statistico assume aspetti tragicomici. Una buona parte delle statistiche è vistosamente inventato, allo scopo di dimostrare una tesi preconcetta. Per dimostrare che fa molto caldo salta fuori una "temperatura percepita" che nessuno sa spiegare come viene misurata: forse il parlante mette il dito fuori dalla finestra e butta su una cifra a caso.
Un'altra buona parte è raccolta con artifici metodologici tali da far apparire come scolpito nella pietra un dato che è fragile come vetro. Per dimostrare che l'occupazione sale, basta fare i conti prima dell'estate e inserire fra gli occupati tutti i bagnini, le guide turistiche, i camerieri che lavorano 2 mesi l'anno. Il grottesco arriva quando un giorno il dato è positivo, mentre il giorno dopo è negativo. I fenomeni sociali trattati come quelli della Borsa.
Infine c'è una parte di dati statistici che è vera ma ambigua nell'interpretazione (che può dare un senso o un altro). Dire che ha votato il 60% della popolazione, può essere vero ma sorvola sul dato che 4 elettori su dieci non hanno votato.
L'ipse dixit statistico è la versione evoluta del "lo dice la tv, il giornale, la Rete".

Burocorporazioni
I nuovi feudatari degli imperi planetari sono quelle organizzazioni che Ivan Dobre ("Detriti sul delta", Ed.Arcipelago) ha chiamato burocorporazioni. Questa definizione comprende organizzazioni pubbliche e private, dal potere autogenerato o incontrollato, spesso con nome incomprensibile, attive su scala nazionale o addirittura planetaria. Le burocorporazioni sono centrate sull'allargamento della loro influenza, aldilà dei compiti che dovrebbero espletare. A tale scopo emettono a getto continuo bollettini, statistiche, decaloghi, circolari e libri. ONU, WB, OMS, OCSE, FMI, UE, ITC, G4-7-8, WWF, UNESCO, FAO sono solo le sigle più famose delle burocorporazioni. A queste se ne aggiungono centinaia di competenza nazionale (Consob, Cipe, Acli, Anci, CGIL, CISL, UIL) e migliaia di meno famose ma non meno fameliche di soldi e potere.
L'ipse dixit per gli amanti delle burocorporazioni diventa: "Come dice......" oppure ".....ha detto". E il popolo dovrebbe inginocchiarsi. Chi ha raccolto i dati, come li ha raccolti, chi li ha interpretati; chi ha scritto il documento; chi garantisce che non siano tutte bufale, non è dato sapere. Basta il nome della sigla per accreditare la verità del messaggio, del dato statistico o del decalogo.

Scienza
L'ultima nata degli ipse dixit è la scienza, che ha il vantaggio di richiamare l'illumismo, per una retorica che resta medievale. "Gli scienziati dicono....", "Tutta la scienza afferma...." possono diventare, per la proprietà transitiva, "L'Università di ...ha scoperto...". Università e scienza vengono spesso arbitrariamente collegate, fino a produrre effetti comici. L'università di Fluxmat in Groenlandia ha scoperto che quelli che si mettono le dita nel naso sono più aggressivi di quelli che si toccano continuamente le pudenda. L'affermazione non può che essere degna di fede visto che proviene da scienziati univeristari!
La scienza e l'università vengono utilizzate come nuove fonti di verità indiscutibili, come ha dimostrato il recente dibattito sui vaccini. Si dimentica che la scienza, e ancor più l'università, sono fonti di errori, bufale, imbrogli come tutte le altre attività umane. Tralasciamo i 1600 anni nei quali la scienza giurava sul sole che si muoveva intorno alla terra. Più recentemente, omettiamo che furono gli scienziati prima statunitensi e poi tedeschi a sfornare le teorie razziali. Che solo una dozzina di docenti universitari hanno rifiutato di firmare i decreti anti-razziali del fascismo. Che gli psichiatri russi furono fra i più attivi fornitori del gulag. Che solo pochi anni fa c'erano scienziati che promettevano di estrarre energìa dall'acqua. Che fino a ieri la scienza metteva l'omosessualità fra i disturbi psichiatrici. Facciamo finta di non sapere tutto questo e prendiamo come oro colato tutto quello che affermano la scienza e l'università: ipse dixit!