Dopo l'effimero - 3a CONFERENZA NAZIONALE DELL’ANIMAZIONE ITALIANA

1. L’animazione a confronto con il post-industriale

La 3a CONFERENZA NAZIONALE DELL’ANIMAZIONE ITALIANA si fonda su due ipotesi in negativo ed una in positivo.

La prima ipotesi in negativo è che l’EFFIMERO sia morto e debba ora essere seppellito. Tale approccio ai problemi della cultura e del tempo libero si è rivelato insostenibile sul piano economico: il suo "gigantismo" barocco e decadente, oltre che evasivo e superficiale, richiedeva stanziamenti sempre più onerosi. Ma si è rivelato inaccettabile anche dal punto di vista politico: la sua caratterizzazione da "panem et circenses" esprime infatti una ispirazione totalitaria, che ha contribuito ad espropriare la gente dell’autonomia e della iniziativa.

La seconda ipotesi in negativo è che la morte dell’effimero non può significare un ritorno alla cultura "alta", accademica quanto sclerotica, comunque sempre d’élite. Né può significare un semplice ritorno alle istituzioni tradizionali e polverose o alle strutture faraoniche. La cultura accademica, le istituzioni e le strutture devono essere tutelate e gestite come un "hardware", importante ma inservibile senza il "software", cioè i programmi e gli operatori.

L’ipotesi in positivo è nel carattere stesso dell’attuale rivoluzione postindustriale. Ciò che venti anni fa l’animazione propugnava (la socialità, il corpo e la natura, la creatività, l’espressività) era considerato con sospetto e ostilità dal complesso sistema politico e produttivo del Paese. Non erano rari i casi nei quali queste attenzioni erano tenute in odore di sovversione. Oggi l’animazione si trova in un contesto socio-economico opposto. Sono ora le imprese, le grandi burocrazie statali e multinazionali a chiedere una crescita del "fattore umano" nella direzione espansiva ed evolutiva. E insomma Io stesso sistema a chiedere lo sviluppo generalizzato di potenziali prima repressi come la socialità (il lavoro d’équipe), la fisicità (intesa come equilibrio psico-fisico e ambientale), la creatività (intesa come pensiero divergente ed innovativo).

Ciò che venti anni fa era considerato pericoloso, è oggi valutato essenziale perché il sistema economico e sociale occidentale possa affrontare preparato l’inizio del Terzo Millennio.

L’animazione è dunque una pratica sociale omogenea all’Evo-PostIndustriale, e questa Conferenza intende dimostrarlo.

Guido Contessa

2. L’animazione come professione

L’animazione moderna si può considerare nata agli inizi degli Anni Sessanta. In questi venti anni essa è stata praticata come azione volontaria, come stile nuovo per professioni tradizionali e solo a fatica come PROFESSIONE. Spessissimo si è trattato di una professione "sommersa", a cavallo fra il precariato e il lavoro nero; considerata come tirocinio per altre professioni più socialmente insediate o come occupazione "transitoria".

A vent’anni dalla sua nascita, l’animazione è pronta a diventare una professione a tutti gli effetti, anche se molti problemi devono essere ancora risolti. Il fatto che l’animazione sia prossima alla professionalizzazione si deve al progressivo aumento della domanda sociale di animazione, in particolare nel variegato settore del "tempo libero".

E ormai acquisito che le strutture sociali, economiche, culturali, ricreative o sportive non possono di per sé riuscire a soddisfare i bisogni per i quali sono sorte. Insediamenti turistici e Centri Giovanili, comunità terapeutiche o assistenziali, circoli culturali urbani e organizzazioni volontarie ricreative, impianti sportivi e strutture scolastiche HANNO LA NECESSITÀ di ANIMATORI che con professionalità facciano "vivere" le strutture e gestiscano programmi efficaci per gli utenti. L’animazione socio-culturale e socio-ricreativa è sempre più considerata indispensabile sia per la crescita della popolazione sia per la prevenzione del disagio, della devianza e della emarginazione.

La domanda sociale è dunque forte ed in costante progressione, ma perché la professione dell’animatore diventi veramente tale occorre affrontare alcuni problemi.

Il primo è quello della FORMAZIONE PROFESSIONALE. A tutt’oggi, consta che solo la Lombardia abbia avviato un corso annuale riconosciuto per la formazione di animatori. E necessario valorizzare l’animazione come una delle nuove professioni e promuovere Corsi riconosciuti in ogni regione. In parallelo con la formazione è necessario una LEGISLAZIONE regionale e nazionale, che garantisca agli animatori sbocchi professionali TUTELATI. In particolare le Regioni possono legiferare affinché le organizzazioni che assumono animatori, li scelgano fra coloro che hanno un diploma specifico. Il terzo nodo è quello SINDACALE, Il sindacato deve rappresentare e tutelare questa nuova professione che fra l’altro contribuisce alla riduzione della disoccupazione giovanile, intervenendo nei casi più macroscopici di sfruttamento. E a tutti noto che molte grandi organizzazioni fondano i loro profitti proprio sui contratti degli animatori.

Infine, occorre affrontare il problema dell’ASSOCIAZIONISMO o dell’AGGREGAZIONE degli animatori, i quali non possono sperare in una crescita professionale se non superano le attuali divisioni, i particolarismi ed i settarismi oggi tanto frequenti.

Il gruppo di lavoro su questo tema sarà invitato ad approfondire questi argomenti, ed altri connessi alla PROFESSIONALITA.

3. L’animazione e l’ente locale

Gli EE.LL. escono da un decennio di dissennato "effimero" e sono alla ricerca di nuove risposte da dare ai bisogni ricreativi e culturali dei cittadini.

Il rischio che il pendolo della Storia, li porti a chiudersi nella difesa di vecchie istituzioni accademiche o nello sviluppo di programmi per le élites, è grande.

La 3a Conferenza intende suggerire agli Assessori ed ai funzionari, la via dell’animazione come una delle strade maestre per i problemi culturali e ricreativi di questo fine secolo.

Ma come gli EE.LL. devono affrontare l’animazione? Si pongono numerosi problemi di cultura e di organizzazione, per l’innesto dell’animazione nei complessi sistemi della burocrazia locale. Il primo problema riguarda le strutture e le attrezzature riservate all’animazione. Se è vero che non occorre pensare a nuove "cattedrali" miliardarie, è pur vero che spazi e attrezzature minime sono indispensabili. Forse la questione va affrontata come riconverione o poli-uso di spazi pubblici ora non del tutto sfruttati. Per esempio nulla vieta che un servizio di animazione trovi la sua sede in un museo o in una biblioteca.

Il secondo problema riguarda il rapporto giuridico STABILE fra amministrazione e animatori. Stante la difficoltà e forse la inutilità di inserire nuovi operatori in pianta organica, si può arrivare a convenzioni POLIENNALI con cooperative di animatori che possono vedere nell’Ente Locale il principale ma non l’unico cliente.

Il terzo problema è quello della programmazione dei servizi e degli interventi. Sembrano irte di rischi le strade finora imboccate da molti EE.LL.: sia quella di consegnare l’animazione alle Circoscrizioni (col pericolo di impoverire i contenuti dell’intervento) sia quella di governarla dal "centro" (col pericolo di stare lontani dai bisogni della periferia). Occorre dunque trovare un nuovo modello organizzativo che tenga conto delle tre polarità principali: la politica comunale, le esigenze delle Circoscrizioni e l’autonomia professionale degli animatori.

Un quarto tema riguarda il controllo in itinere e finale degli interventi di animazione. E essenziale sia che l’azione animativa sia controllata dal committente durante il suo svolgimento, sia che i risultati vengano verificati e valutati in modo il più scientifico possibile. Questo rimanda alla organizzazione interna degli Assessorati e alla qualità dei funzionari preposti ai programmi di animazione.