Lanimazione
e la progettazione nella scuola, nel tempo libero e nel quartiere
di Guido Contessa* |
SOMMARIO 1. I
compiti della animazione in questo momento storico
1. I compiti della animazione in questo momento storico Una delle caratteristiche della nostra società è la compartimentalizzazione. La divisione del lavoro e delle competenze è considerata più efficiente. I singoli operatori sono messi nelle condizioni di lavorare settorialmente, mentre il coordinamento (la sintesi) è avocato dallEnte politico, cioè da quello che dovrebbe essere il " potere ". Questo dovrebbe essere sintetico, in quanto rappresentativo dello Stato o della comunità locale, entità astratte ispirate al principio della totalità onnicomprensiva. La degenerazione dei sistemi sociali attuali è tale tuttavia che anche Stati e comunità locali non sono più rappresentativi di unità, ma aggregati di corporazioni in conflitto. Gli organismi politici si sono anche essi specializzati, parcellizzati, suddivisi. A lato di questa progressiva estensione delle divisioni delle competenze e dei poteri, si è verificata una progressiva suddivisione degli individui al loro interno, secondo una spirale schizofrenica. Lillusione del " potere " di conservare il dominio sulla totalità suddividendola, si è ritorta contro di esso parcellizzandolo: il costo di questo processo è lanomia sociale e la schizofrenia individuale. La suddivisione non si è affiancata allintegrità, ma lha sostituita. Per rifuggire lautoritarismo e la rigidità di un sistema integrato, la società è giunta a disintegrarsi. La pluralità è un elemento che favorisce la libertà solo se è accompagnata dalla sintalità; in assenza di questa, la pluralità diventa alienazione. Come dice P. Slater, privilegiare il dominio del cervello sugli arti significa far vivere luomo secondo una gerarchia autoritaria ed entropica; ma consentire che arti e cervello funzionino separatamente, significa condannare luomo alla psicosi. Ogni arrivo alla ribalta sociale di una nuova figura professionale è un tentativo del sistema di continuare la spirale perversa della parcellizzazione. Per gli animatori la storia non è stata diversa. Ad essi, a seconda degli orientamenti, si affidano le attività ricreative del tempo libero, oppure lo sviluppo della cultura e della partecipazione, oppure ancora leducazione creativa. A fianco di una organizzazione del lavoro distruttiva e mortifera, gli animatori dovrebbero essere specializzati nella " ricreazione " (quali echi di onnipotenza in questa parola!). A fianco di un potere politico incolto ed alienante, mafioso ed elitario, gli animatori dovrebbero sviluppare cultura e partecipazione. In una scuola repressiva, adattiva ed ammuffita, gli animatori dovrebbero inserire creatività, spontaneità ed espressività. Come tutti gli altri operatori sociali, anche gli animatori, non sembrano riuscire a staccarsi dal loro destino di agenti compensatori degli squilibri del sistema, di terapeuti ad "effetto placebo" delle malattie sociali. Daltra parte liter di affermazione di ogni disciplina o professione nuova è tale per cui non si intravedono vie duscita. Ogni nuova azione sociale deve professionalizzarsi, cioè specializzarsi, per essere considerata accettabile. Lentamente questa specializzazione perde i suoi contatti col sistema parente che lha generata, finché lazione si identifica con la specializzazione, il metodo, la tecnica. A questo punto lazione non ha alcun punto di contatto con la totalità, funziona in se stessa e per stessa, e arriva a definire questo isolamento come autonomia e libertà. Si arriva a sostenere che una disciplina o unazione sociale è " seria " quando è specifica, sconnessa dalle altre, capace di vita autonoma. Come se la mano " seria" fosse quella capace di lavorare staccata dal corpo. Ogni connessione, interdipendenza, rapporto sono considerati servitù; invece la sconnessione, lindipendenza e lassenza di rapporti sono considerati libertà. Lanimazione è quindi spesso intesa come separata dalla scuola, dal lavoro, dalla politica. Quello che invece lanimazione deve fare è di ricomporre il quadro unitario della comunità, delluomo e delle pratiche sociali. Essa deve considerarsi connessa, interdipendente, con la scuola, col lavoro e le altre pratiche sociali; e deve sforzarsi di considerare interconnesse anche queste entità fra loro. Ciò che deve fare lanimazione è disoccultare la totalità, la sintalità, lunità, rimosse dalla società e dai soggetti in nome della deificazione dellindividualismo, della autonomia e della separazione. Non certo perché questi ultimi debbano essere sostituiti con le prime, ma perché entrambi i poli di questa apparente contraddizione devono convivere dialetticamente. Non già perché totalità, sintalità e unità siano più importanti dei loro contrari, ma perché esse sono rimosse in questo momento storico. 2. Animazione e scuola Nella
scuola lanimazione è entrata o sotto forma di attività
integrative o sotto forma di " festa una tantum ". Lipotesi
che lanimazione potesse diventare un elemento di innovazione
della scuola, non è quasi mai uscita dal regno delle affermazioni.
Si sono avuti casi di attività pomeridiane affidate ad animatori,
di interventi di animatori in qualche ora della mattinata, di assunzioni
di animatori sub specie di esperti in LAC (libere attività
complementari)) nelle scuole sperimentali. Ci sono numerosi libri
(v. indicazioni bibliografiche, nn. 2 et 3) che parlano
di animazione nella scuola. Tuttavia la realtà non è,
se non raramente e per poco tempo, riuscita a superare la parcellizzazione.
Al mattino attività " serie ", curriculari, utili, repressive;
al pomeriggio creatività, socialità, espressività,
permissività. Al mattino lordine, al pomeriggio il disordine.
A volte questa divisione fra mattino e pomeriggio è rifiutata;
allora lalternanza è fra ore della stessa mattinata.
Lanimazione tende ad aprire la scuola allesterno, portando
dentro cittadini, genitori, amministratori, o portando fuori i bambini.
La scuola mantiene la sua impermeabilità: nessuno entra e nessuno
esce. La sua sconnessione con la realtà è considerata
un merito ed una garanzia di purezza, oltre che una dichiarazione
di orgoglio autarchico. 2.1 Progettare lanimazione nella scuola significa anzitutto progettare lanimazione della scuola. Gli animatori devono animare, cioè dare vita e coscienza, a quel simulacro vuoto che spesso è la scuola. Paradossalmente, i bambini, per lanimatore che opera nella scuola, sono un elemento trascurabile. Quanto più egli si occupa di loro e tanto più accelera la loro divisione schizofrenica. Fuori dal paradosso, i bambini devono essere loggetto-soggetto primario dallanimazione, ma proprio per questo gli animatori devono occuparsi più degli insegnanti, dei genitori e delle autorità scolastiche, che dei bambini stessi. Progettare lanimazione nella scuola significa anzitutto cercare di superare la dicotomia scuola-animazione: il bambino è unico, unito (almeno per ora); gli obiettivi della scuola e dellanimazione sono assai vicini, quasi sovrapponibili (almeno nelle dichiarazioni); unico è lambiente, il quartiere. La connessione fra scuola e animazione è una necessità. A questa necessità si oppongono numerosi fattori: lottusità o il conservatorismo, la pigrizia o limpreparazione di molti insegnanti, autorità scolastiche, genitori. Con queste resistenze dellistituzione collude spesso lingenuità degli animatori, il loro radicalismo, il loro pressapochismo. Tutto ciò può essere superato con strategie e tattiche molto raffinate. Anzitutto occorrono alleanze. Organi collegiali, servizi sociosanitari, Amministrazioni locali, organizzazioni sindacali, associazioni culturali, sono tutti potenziali alleati. Poi occorrono progetti, non invenzioni casuali. Obiettivi di media e lunga portata, metodi e tecniche per realizzarli, sistemi di verifica. Infine occorrono iniziative e comportamenti esemplari. La scuola deve poter vedere in concreto che le proposte degli animatori sono attuabili, utili e soddisfacenti. Nessun cambiamento della scuola sarà possibile finché si usa il terrorismo dialettico, il pregiudizio, lutopia astratta. Lanimatore può ottenere cambiamenti della scuola, dimostrando che ciò che fa lui possono farlo anche gli insegnanti: attraverso lesempio. 2.2 Il secondo obiettivo dellanimazione nella scuola è riconnettere questa con la comunità. Far entrare nella scuola genitori, operatori diversi; oppure portare i bambini nelle quartiere e nelle sue istituzioni (comitato, biblioteca, museo, campo sportivo). Connettere la scuola di ordine inferiore con quella di ordine superiore; la scuola col lavoro; la scuola con la vacanza. Il bambino oggi passa sovente dalle mani di insegnanti, a quelle di animatori delle integrative, a quelle di animatori del tempo libero, a quelle di animatori dei soggiorni di vacanza. Una sorta di catena di montaggio delleducazione. Operatori parcellizzati, contraddittori, sconnessi fra loro, dai quali il bambino non fa che apprendere inviti a comportamenti schizofrenici; e per i quali i bilanci pubblici sono in perenne disavanzo. Progettare iniziative che riconnettano la scuola al suo esterno è compito anche degli animatori, i quali saranno tanto più utili alla società quanto più sapranno inventare in questo ambito. 3. Animazione e tempo libero Il
tempo libero (loisir, leisure) è storicamente il settore che
per primo ha fatto uso di animatori (moniteurs, playleaders). 3.1
Come una industria, il tempo libero è regolato dal consumo,
cioè da una spirale di produzione, riproduzione e distruzione.
Ciò che ne resta è insieme un plusvalore di danaro e
di potere, per chi, naturalmente, detiene tutto il processo. 3.2
Occorre riistituire il legame naturale spezzato fra salute, sport
e vacanza, cultura e luogo di produzione, festa e politica. Occorre
evitare che in una stessa zona la compartimentalizzazione spinga operatori
sportivi, operatori socioculturali, operatori turistici a lavorare
non solo separatamente, ma anche in conflitto. Anche qui si tratta
di strategia e tattica, di alleanze, di progetti precisi, di esempi
concreti.
4. Animazione e quartiere Il quartiere è la comunità minima di appartenenza degli uomini, dopo la famiglia. In alcune città i quartieri esistono come retaggio storico; in altre sono stati riconosciuti a livello amministrativo; in altre ancora non esistono né come memoria né come vissuto, né come forma. 4.1
Il quartiere è un subsistema del sistema più
vasto che è la città. Anchessa è un subsistema
del sistema più vasto che è la Provincia, la quale,
a sua volta, è un subsistema della Regione, subsistema dello
Stato. Storicamente questo insieme di scatole cinesi, nasce dal quartiere
o borgo, unità minima che ha generato le altre. Storicamente,
il processo di formazione degli Stati moderni, si è mosso nel
senso di dare importanza sempre allinsieme più grande.
Con la formazione dello Stato, tutti i subsistemi territoriali sono
stati sviliti, immiseriti e poi svuotati di potere. Fra lo Stato ed
il cittadino, nessuna appartenenza intermedia è stata tollerata.
Ciò che è sembrato un processo di modernizzazione e
di democratizzazione, è divenuto un sistema di dominio del
potere statuale sul singolo, privo di ogni protezione. Per quasi cento
anni lo Stato italiano, ed il sistema produttivo-distruttivo cui era
ideologicamente ispirato, hanno lavorato per la massificazione e lomologazione
dei cittadini. La lingua, lurbanistica, il sistema industriale,
non hanno concesso ai subsistemi di sopravvivere. In Italia, per notare
uninversione di tendenza, si deve arrivare allistituzione
delle Regioni, come entità amministrative. 4.2
Il comprensorio è ancora allo studio, restano la città
ed il quartiere. Queste realtà possono ridiventare comunità,
nel senso di spazi per lo scambio di doni (cum-munus), o di
spazi per la difesa collettiva (cummoenia). 4.3 Progettare lanimazione nel quartiere significa anzitutto innescare processi di partecipazione. Significa progettare la ricostruzione intorno al soggetto di un tessuto relazionale, che possa fungere da alveo nutritivo fino a ridare al soggetto un valore. Né ha importanza che la partecipazione sia formalizzata. Essa è anzitutto uno stato danimo, una percezione psicologica dellinsieme, che consente agli individui di sentirsi in rapporto con una unità. Partecipare significa farsi carico, comunicare, interagire, connettersi. La spinta concreta della partecipazione può essere il senso religioso, come un bisogno materiale; unistanza culturale come unesigenza di festa. Anche in questo caso le difficoltà sono molte ed occorrono strategia e tattica. Anzitutto ci sono due potenti ostacoli alla partecipazione: la delega e il voyeurismo. 4.3.1
La delega è collegata alla specializzazione. Poiché
una categoria di individui o unistituzione si specializza in
un servizio, essa chiede al resto della comunità una delega
per quel servizio. La delega è giustificata inizialmente come
atto di sacrificio del delegato, come servizio al delegante, che si
sgrava così di una parte dei suoi compiti abituali ed aumenta
la sua libertà. Allinizio la delega non ha niente a che
vedere con la competenza. Non si delega quasi mai qualcuno perché
è competente, semmai costui diventa competente perché
è delegato. Una volta avviato, il processo delega-specializzazione
si autoalimenta senza fine. La delega crea la specializzazione
e questa consente sempre maggiori livelli di delega. Moltiplicando
questo processo per il numero di istituzioni che incombono nella società,
potremo avere il numero approssimativo di deleghe preconfezionate
che la Storia ha imposto alluomo contemporaneo. Esercito, medicina,
religione, istruzione, scienza e tecnica sono alcune specializzazioni
che luomo ha delegato a istituzioni e professionisti specifici. 4.3.2
Il voyeurismo è una conseguenza della delega. Con essa
non solo il soggetto perde il potere politico, ma si libera anche
della responsabilità. Le istituzioni delegate, perso ogni contatto
coi delegati, si sono nei fatti assunte ogni responsabilità.
Agli individui resta il " guardare " come attività esclusiva.
Non è un caso che la nostra è stata definita la civiltà
dellimmagine. Che i mezzi di comunicazione più potenti
sono la tv ed il cinema. Che nel 1979, in Italia, è stato creato
lo slogan " né con le BR, né con lo Stato ". La società
industriale ha connotato progressivamente gli individui come produttori-consumatori-spettatori
La riduzione dei soggetti a spettatori (a occhi) corrisponde alla
loro riduzione a recipienti. E un recipiente, si sa, non risponde
mai del suo contenuto. Indicazioni bibliografiche 1. P.
SLATER, Camminata sulla terra, Ed. OS, Firenze 1978. *Estratto da "QUADERNI DI ANIMAZIONE SOCIALE 2" - ANIMATORI DI QUARTIERE- ISAMEPS- MILANO 1981- PAG. 155-163 |