LE RAGIONI DELLANIMAZIONE
NEL XXI SECOLO (Guido Contessa, AIATEL, Agosto 1999) |
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1. A COSA SERVE L'ANIMAZIONE ? L'Animazione, come pratica professionale, sta compiendo 40 anni (1). Cosa giustifica la esistenza e la sua progressiva, visibile, espansione ? La ragion d'essere di una nuova pratica si radica in un bisogno o un desiderio. I Soggetti sentono una mancanza o elaborano un progetto, e, se trovano che l'armamentario delle discipline e delle pratiche esistenti, non da risposte, nasce qualcosa di nuovo. E' stato così negli Anni Sessanta, quando l'Occidente industriale avanzato è entrato nella sua fase di trasformazione generalizzata. Finito lo choc dei totalitarismi e conflitto mondiale, ultimato lo sforzo della ricostruzione e avviato il boom economico, sono riemersi su larga scala i bisogni secondari o immateriali che erano stati rimossi e repressi per circa 20 anni. La trasformazione dell'Occidente era per la verità iniziata già dalla fine del XIX secolo, ma era rimasta all'interno di élites (Nietsche, Freud, Einstein, futurismo e cubismo, ecc.) o aveva preso, fra le masse, una direzione politica (rivolte operaie, rivoluzione sovietica, movimenti di ascesa dei regimi totalitari, ecc.). Dopo la lunga pausa dagli anni Venti agli anni Sessanta, i bisogni di trasformazione sono riemersi a livello generale e senza un immediato orizzonte politico. Vediamo nel dettaglio, per rispondere a quali bisogni è nata l'animazione.
In estrema sintesi possiamo dire che l'Animazione è nata per far fare, far divertire e far esprimere, per aumentare il potere e la consapevolezza del partecipante. 2. ANALOGIE FRA IL PERIODO CHE HA DATO IL VIA ALL'ANIMAZIONE E QUELLO ATTUALE
Come si vede dalla Tav.1, l'attuale lustro vive bisogni molto simili a quelli del periodo precedente agli Anni Sessanta, sia pure per motivi diversi. Il periodo dal 1975 al 1995 è stato di lunga transizione dall'Evo Industriale all'Immaterialesimo, cioè da un epoca di prevalenza delle cose ad una di centralità delle idee, delle immagini, dei simboli. La transizione ha repressxo o rimosso bisogni che ora stanno riemergendo. L'"attivizzazione" è stata limitata non più dalla dipendenza dalle regole e dall'Autorità, ma da un Welfare State pervasivo che ha barattato l'autonomia col benessere. Oggi, che il Welfare è in crisi, riemerge il desiderio di azioni autonoma: non è più lo Stato che deve soddisfare tutti i bisogni, ma ogni cittadino deve impegnarsi a farlo. La "sovranità" dei cittadini nella prima metà del secolo è stata repressa dai regimi autoritari, poi ha avuto un decennio di valorizzazione, poi ancora è stata messa in crisi dalla frantumazione sociale. Ciò che un tempo produceva alienazione, è divenuto angoscia generalizzata (da cui la tossicodipendenza è un tentativo di evasione). Più recentemente sono emersi segnali deboli di una riemersione del bisogno di protagonismo, specie nelle frange marginali giovanili, come modalità di superamento dell'angoscia. La repressione illiberale dell'"espressività", che ha caratterizzato la prima metà del secolo XX, e che è stata sospesa nel decennio del Sessantotto, ha ripreso la sua forza sotto forma di onnipresenza televisiva. Il linguaggio della comicità ripetitiva, dei talk show, e del giornalismo mellifluo ha dominato per un lungo periodo. Oggi fanno timida apparizione nuove forme espressive, come quelle legate al Web. La "socialità" repressa dalle strutture gerachiche e centralizzate, è diventata nella transizione camuffata dal dogma dell'apparenza. Esserci ed essere con, sono stati per due decenni, sottomessi all'esigenza di sembrare. L'esplosione delle discoteche è stata l'apoteosi della sostituzione delle relazioni con le maschere. La loro decadenza coincide con la risorta esigenza di parlare, comunicare, attivare legami. La "creatività", prima sopita dalla subalternità coatta, è diventata, nella transizione, conformismo difensivo. La vecchia censura è stata sostituita dall'auto-censura, come risposta alla paura di essere diversi. Oggi è lo stesso sistema produttivo che, pena l'asfissia, cerca creatività, originalità, diversità. La "ludicità" è stata considerata per tutto l'Evo Industriale un'evasione, un'attività antagonista del lavoro. Nella transizione ha prevalso un ribaltamento: è il lavoro che è stato demonizzato come sospensione del gioco. Oggi è evidente l'emergere di una nuova prospettiva, per la quale gioco e lavoro possono essere la stessa cosa: il lavoro assume sempre più aspetti ludici, e il tempo libero sta creando sempre più posti di lavoro. 3. CONCLUSIONI. Gli Anni Sessanta sono stati un punto di svolta del secolo, ed hanno dato vita all'Animazione come una delle risposte ai bisogni emergenti. Dopo un decennio di sommovimenti planetari, siamo entrati in due decadi di transizione dove in parte ha prevalso la reazione (con tentativi di tornare al passato) ed in parte ha dominato la frantumazione (con pesanti costi psicologici e l'esplorazione di tentativi di superamento). Oggi l'Occidente sembra essere ai "blocchi di partenza" di una nuova epoca, che ho chiamato Immaterialesimo (2). I bisogni che tornano alla ribalta non sono diversi da quelli che hanno dato i natali all'Animazione, nei primi Anni Sessanta. Ciò significa che nei primi decenni del secolo XXI, l'Animazione può tornare ad essere una pratica centrale. |