Settembre 2001

In margine ai fatti di New York

I dolorosissimi eventi verificatisi negli Stati Uniti, sembrano la replica amplificata dei fatti di Genova. Al punto che si può giungere a conclusioni simili, che meritano di essere elencate.

1.     L’illuminismo dimostra ancora una volta la sua debolezza

Cercare un perchè di fronte a questi fatti è inutile quanto cercare un perche' all'amore, alla morte o all'esistenza di Dio. Quello che si è verificato negli USA non è ascrivibile a ragionamenti, a percorsi di causa-effetto, a reazioni del tipo se....allora..... Cerchiamo di difenderci dall'angoscia dell'irrazionale, tentando di dare risposte razionali laddove regnano le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo. Si può fare la guerra fra Stati, ma non fra stati d'animo. Il terrorismo si ammanta di razionalità apparente, ma si basa su sentimenti primari di vendetta, vissuti di disperazione, desideri di potere travolgenti. L'Impero copre di ragioni fragili, come l'ordine, l'onore, la sicurezza, la giustizia, puri sentimenti di vendetta, vissuti di umiliazione, desideri di potere. Entrambi crescono alimentati da sentimenti di paura reciproca e si sostengono simbioticamente con l'innesco reciproco di prevedibili emozioni. Il terrorismo verso l'Impero non è risposta razionale ad alcuna sofferenza dei diseredati, come l'omicidio del secondino non è la risposta razionale ad aluna prepotenza sofferta dai carcerati. Analogamente, l'Impero "occidentale" non è una risposta razionale ad alcuno dei bisogni del pianeta, così come la dittatura non è risposta razionale ai bisogni di un Paese. Si tratta di desideri, ambizioni, odi, pregiudizi, paure, sentimenti insomma che, abitualmente agiti sul piano rituale o simbolico, periodicamente si esprimono a livello di distruttività concreta. La ragione è sospesa in questi periodi.
Il problema non è dunque di ragione o ragioni, ma di sentimenti, istinti, impulsi da una parte e interessi dall'altra: due forze rispetto alle quali l'Illuminismo soccombe da sempre. Sfugge a molti che queste conclusioni hanno immediata ricaduta anche sul lavoro immateriale, che ottiene cambiamenti solo con la elaborazione soggettiva dei sentimenti o con la ristrutturazione materiale degli interessi.

2.     Il Grande Fratello, quando serve, non c’è

Dov'era Echelon? Il grande occhio satellitare che tutto vede, il mega controllo telematico che traccia ogni messaggio mail, le tecniche di decrittazione ultrasofisticate o non sono che una fantasia persecutoria alimentata da un immaginario che ha bisogno dell'occulto per compensare l'aridità e la banalità del visibile, oppure sono un alleato intenzionalemnte omeno collusivo col terrorismo. Gruppi che da mesi o anni preparano attentati, si addestrano, spendono soldi, e soggetti noti, da anni in cima alle liste di pericolosità che superano frontiere, prendono residenze, lavorano: tutto senza che Echelon se accorga ! O il Grande Fratello è un'invenzione, oppure esiste solo per il controllo dell'uomo comune. Oppure ancora: il controllo spionistico planetario è una invenzione che serve da alibi per ogni ribellione, oppure esso è usato ad intermittenza per consentire a qualche ribellione di esprimersi offrendo un alibi al rafforzamento dell'ipotesi imperiale. Per la seconda volta in tre mesi pero' registriamo la distrazione o la sospensione del "panopticon".

3.     Lorsignori sono stupiti?

Nessuna spiegazione ragionevole esiste per i terroristi, come per lo stupore degli USA nel registrare tanto odio verso di loro, come per l'innocenza di chi si crede e professa innocente, come infine per la piaggeria mostrata dalla maggioranza dei Paesi occidentali.

I terroristi non possono non sapere che, dopo i morti, i più danneggiati dalla loro azioni saranno i popoli arabi. Gli Usa non possono non sapere che, avendo fatto per 50 anni guerre in tutto il mondo, hanno lasciato dietro di loro una scia di migliaia di vedove, orfani, mutilati in attesa di una qualsiasi vendetta. La gente comune che si dichiara "innocente" non può non assumersi la responsabilità di avere scelto per mezzo secoli governi sordi alle guerre fatte in ogni angolo del pianeta, purchè non nel loro Paese; di avere taciuto di fronte ai bombardamenti su città come Bagdad, Kartoum e Belgrado (per non citare le vecchie Hanoi e Sagon); di trattare ogni giorno, con superiorità o disprezzo, i vu' cumpra' dalla pelle più abbronzata della sua. E infine, i paesi occidentali non possono non ricordarsi che nessun alzabandiera è stato fatto a Washington in occasione delle stragi di piazza Fontana, della stazione di Bologna, del cielo di Ustica; nessun minuto di silenzio si è registrato a Roma dopo la strage di Chabra e Chatila; nessuna solidarietà è stata espressa alle migliaia di curdi vittime della Turchia; nè alle migliaia di ceceni uccisi dalla Russia. In mezzo secolo di guerre evitate si sono registrate più vittime che nel mezzo secolo precedente di grandi guerre realizzate, ma i Paesi "democratici" sono stati distratti quando non complici.

4.     La difesa della scissione fra bene e male

"L'Islam è altro": il che viene detto sottintendendo che altro è peggio. L'ipotesi di conflitto fra civilizzazioni si autoavvererà anche grazie all'ultimo misfatto di chi sembra mascherarsi dietro una fede. La Terza Guerra mondiale sarà, come alcuni profetizzano, nel 2010, ma le Twin Towers ne sono una prova tecnica. L'assalto irrazionale e criminale alle Torri compatta l'Impero d'Occidente, e la ritorsione di questo rafforzerà l'unità dell'Islam. A nulla vale ricordare che nelle vene d'Europa scorre il sangue musulmano degli esegeti di Acquino, degli inventori dello zero, dei costruttori di Siviglia. O che il sangue più versato nel mondo è stato per mano di governi, terroristi, ribelli, missionari sedicenti "cristiani": i veri inventori delle guerre di religione in tutte le latitudini. Ciò che importa all'opinione pubblica di Occidente è vedere sè stessa come il Bene e qualcun altro, ora l'Islam, come il Male. La scissione è il dispositivo infantile dell'identità. La identificazione del nemico è il dispositivo infantile della socialità. Paesi che hanno assai più di diverso che di comune (valori, sentimenti e interessi materiali) d'improvviso si uniscono, non in un matrimonio ma in una falange, pronta a colpire sotto l'egida dell'imperatore. Paesi vicini al collasso dell'identità nazionale d'improvviso si ricompattano intorno ai segni della guerra: bandiere, inni, sfilate.

Questa scissione così drammatizzata, forse indica l'intuizione dell'Occidente che solo una grande tragedia può aiutarlo a crescere, come quando un adolescente fantastica, con un misto di orrore e piacere, che solo la morte dei genitori può aiutarlo a diventare adulto.

5.     La rivolta mostra il suo viso conservatore anche attraverso i mezzi che usa

Un attentato vigliacco con 1 o 5.000 morti può apparire a chi lo fa, come qualcosa di eversivo e per certi versi rivoluzionario. La morte su scala industriale, come levatrice della storia, è l'idea piò grottesca e reazionaria mai apparsa. La morte violenta si autoalimenta a spirale e abbassa l'energia e la speranza dell'umanità; la morte violenta uccide il futuro. Il contraltare del terrorista che porta la morte è il generale che porta la morte. Qualche fatto appare certo, a riprova che la violenza terroristica è solo un atto "conservatore":

6.     La controdipendenza afferma ciò che nega: potere e rivolta colludono

Non possiamo arrivare a dire, come altri, che l'attentato negli Usa è stato pilotato, assistito, sostenuto da agenzie interne. Certo è che il terrorismo ha fatto un grande favore a molte agenzie. Come d'altronde la repressione, la guerra cieca, i bombardamenti occidentali fanno e faranno un grande favore a molti gruppi terroristici. Come i lupi ed i lupattieri, i forestali e gli incendi, i criminali ed i poliziotti, anche i terroristi ed i Poteri si alimentano reciprocamente. Ognuno dei due poli esiste e si rafforza grazie all'altro; viene riconosciuto dall'esistenza del'altro; sana le proprie contraddizioni interne grazie all'antagonista. L'attacco agli Usa ha tolto ogni dubbio su chi è il reggitore dell'Impero d'Occidente: la strage è insieme un'investitura. Chi potrà obiettare agli Usa o criticare Bush, senza essere accusato di collusione coi terroristi? Globalizzazione e occidentalizzazione del mondo sotto le insegne imperiali americane subiranno un'accelerazione. Parallelamente, la persecuzione di Bin Laden farà di un califfo fra i tanti il leader del futuro sterminato impero musulmano. L'Islamizzazione di una parte del mondo sarà meno contrastata. Stragisti e poteri colludono simbioticamente.

7.     Repressione-violenza-repressione

I fatti di New York e Washington offrono anche una riflessione radicale sull’Occidente, cui non possiamo sottrarci. La nostra civilizzazione è uscita dalla barbarie attraverso la progressiva liberazione e valorizzazione dei singoli soggetti individuali o collettivi, dalla metafisica, dall’impero, dalle monarchie assolute, dallo strapotere della ricchezza e dello Stato. Ciò che ha reso l’Occidente avanzato rispetto alle altre civilizzazioni non è stata la ricchezza, né l’industrialesimo, né il consumismo, ma la conquista della libertà e della dignità di ogni essere umano. Il cammino della Modernità, dalla Magna Carta ai Movimenti di Liberazione degli Anni Sessanta, è stata una scalata (pur con le tragiche deviazioni delle guerre mondiali e dei regimi totalitari) al Paradiso del valore del Soggetto: bambino, lavoratore, ebreo, nero, donna, disabile, o addirittura criminale. Nei Paesi arabi il cammino della Modernità è anche più lento: il Soggetto è lì ancora sottomesso alla tradizione, alla religione, alla comunità. La povertà di molte aree (non tutte) dei Paesi arabi è vistosamente collegata alla ancora non avvenuta sovranizzazione del Soggetto.

La spirale repressione-violenza-repressione sarà d'ora innanzi non solo alimentata dalle derive interne dei sistemi "cristiano" e "islamico", ma anche rafforzata dalle relazioni fra i due. La cristianità troverà nuove ragioni per reprimere grazie alla minaccia islamica, e quest'ultima ne troverà altrettante grazie alla minaccia "occidentale". Quando il Soggetto è represso in ogni angolo del suo spazio vitale, i sintomi auto ed eterodistruttivi sono ineludibili. Il suicidio e la violenza (in tutte le diverse forme possibili) non possono che aumentare come sintomi nevrotici di una progressiva e reciproca repressione. La quale aumenterà per controllare i sintomi distruttivi che cresceranno, in una spirale sempre meno vivibile, la cui meta minacciosa e ineluttabile sembra una Terza Guerra Mondiale. E’ doloroso dirlo, ma “New York non è che l’inizio…”.

Scacco al Re: finale di partita?
L'Impero è stato messo in scacco da una mossa imprevista: una torre mossa in diagonale. Il re invoca le regole, minaccia ritorsioni, rifiuta lo scacco ma non può uscire dall'empasse senza infrangere a sua volta le regole. Se le regole degli scacchi vengono reclamate, la partita è finita. Se vengono abbandonate, la partita è finita. In entrambi i casi, soggettivamente parlando, l'Impero ha perso. Al re non resta che prendere atto che esitono infiniti modi di giocare a scacchi, e smettere di pensare che il "modo imperiale" sia l'unico ad avere diritto di esistere.

I terroristi hanno dato scacco all'impero mettendo in drammatica discussione il principio su cui l'impero post-industriale si fonda: il valore della vita terrena sopra ogni altro. Poniamo che la falange imperiale, ricompattata e rassicurata da una unificazione quasi-planetaria, riesca a dare sufficienti prove sui colpevoli, poniamo che riesca a prenderli, con o senza operare particolari massacri di vendetta, poniamo infine che li processi ed esegua la loro pena di morte. Che vittoria sarebbe? La morte del corpo, per i terroristi è una eventualità messa in conto allo stesso modo di una slogatura per i calciatori, anzi è qualcosa da cui trarre l'onore fra i pari e il premio divino.

I terroristi non sono l'Islam, ma da lì provengono. Anche i fontamentalisti cristiani, che sparano sui medici abortisti non sono il cristianesimo, ma lì sono maturati. Non dovrebbe essere difficile capire lo scarso valore dato alla vita propria ed altrui, da certi (non tutti) musulmani, per cristiani che hanno alle spalle secoli di sangue versato cantando (così facevano i martiri) o brandendo la croce alla guida dei colonizzatori (spagnoli, francesi, inglesi, portoghesi, olandesi) o infine bruciando eretici, streghe, dissenzienti. L'Occidente, in un cammino durato 4 secoli ha scelto di desacralizzarsi, dando alla vita terrena più valore che a quella celeste. Una scelta che molti sul pianeta convidono, ma non tutti. L'Islam ha scelto un'altra strada. E non si tratta di una semplice questione di industrialesimo e di povertà, come si vede dai paesi arabi ricchi, nei quali comunque prevale una visione religiosa, tradizionalista, comunitaria della vita.  

L'Occidente, con la convenzione di Ginevra, è riuscito nell'impresa di ritualizzare e regolare il più aspro dei conflitti umani: la guerra. Questo è un merito, per gli Occidentali che danno alla vita ed alla dignità dell'individuo una particolare importanza. Ma non si può negare che l'accettazione della Convenzione di Ginevra e di tutte le altre regole per la convivenza all'interno dei conflitti, richieda una appartenenza, un consenso di fondo ad una particolare civilizzazione: occidentale? cristiana? capitalista? post-industriale? (È faticoso persino definirla). Occorre accettare e capire -il che non significa condividere e giustificare- il fatto che esiste un'altra civilizzazione che si fonda su diverse premesse e con la quale il dialogo o lo scontro non possono basarsi sulle regole di una sola parte.

Se si inizia una partita a scacchi (gioco peraltro di origine orientale)con chi non appartiene alla nostra cultura, non possiamo dare per scontato che la regola per cui la torre muove in linea retta è ovvia ed implicita: occorre rinegoziare ex novo tutte le regole di base. Se vogliamo dialogare o scontrarci con l'Islam, non possiamo partire dall'assunto che i nostri valori sull'economia, la donna, la sessualità, la democrazia e addirittura la vita siano universalmente accettati. Islamismo, ma anche buddismo e induismo, sono civilizzazioni diverse non perché "a sviluppo socio-economico arretrato": come tutto l'Occidente pensa. Ma perche' diversità non significa una leggera sfumatura in più o in meno di colore: diversità significa alterità, estraneità, disappartenenza. Siccome il pianeta è uno solo, il compito del secolo sarà quello di rifondare le basi di una convivenza far civilizzazioni diverse, altre, estranee e non appartenenti, per ora, ad alcunchè di comune. Sapendo cioè che per noi la torre muove in linea retta, ma per altri legittamente la torre muove in diagonale.