Febbraio 2002

Teoria del Campo e Paradossi della critica politica

I critici dei mass media, dei politici, delle marche (no logo), del marketing e della pubblicità fanno la stessa cosa dei loro avversari: danno al pubblico ciò che vuole avere. La gente vuole sentirsi dire che è migliore dei politici, delle imprese, del mercato, e nel contempo vota gli stessi politici, compra le stesse cose e segue gli stessi slogan. Quando si criticano i mass media, non si può dimenticare che in Italia esistono tre canali statali, del tutto simili a quelli privati, e che il popolo italiano affolla le serate nazional-popolari e premia Il Grande Fratello come "programma culturale dell'anno". Che i giornali più venduti non sono quelli di riflessione, ma quelli con le donne nude in copertina. Quando, giustamente, attacca il delirio delle marche, la superficiale N.Campbell dimentica che nessuno impone i capi o gli oggetti "firmati" con le armi. Quando la nostra, giustamente, attacca lo sfruttamento operato dalle multinazionali nel Paesi cosiddetti emergenti, omette di ricordare che, salvo eccezioni, quelle multinazionali:

Infine, quando i critici si lanciano in attacchi demonizzanti (v. il recente interessante ClueTrain Manifesto) alla pubblicità, al marketing ed alle PR, trascurano una legge psicologica essenziale, che concerne l'influenzamento. Nemmeno l'ipnosi - che è la più forte forma di controllo mentale a noi nota- consente di manipolare il comportamento dei soggetti al punto da far loro fare qualcosa che rifiuterebbero in stato di consapevolezza. La pubblicità, il marketing, le PR non inducono i comportamenti né manipolano il libero arbitrio. Infuenzano, come ogni altra cosa (come la Chiesa, i partiti, lo Stato, il coniuge, gli amici) stimolando desideri e bisogni, costruendo legami e identità, a partire da ciò che già la gente è di per sé già disponibile a stimolare e costruire. Se così non fosse come possiamo spiegare i fallimenti di campagne pubblicitarie miliardarie ? Come motivare il successo di un marchio e l'insuccesso di un altro?

Lewinianamente parlando (Teoria del Campo), ogni analisi che trova una causa per spiegare un effetto opera una riduzione semplicistica. Per questa teoria ogni comportamento è insieme causa ed effetto di ogni altro. L'influenzamento dei media sulla gente è pari all'influenzamento di questa su quelli. Pubblicità, marketing e PR sono tecniche il cui interesse non è di imporre qualcosa al consumatore, ma semmai di imporre qualcosa all'impresa, partendo dal consumatore. Solo in tal modo il prodotto o servizio diventano "di massa".

Paradossalmente, i critici semplificatori accusano i media di "imporre" qualcosa alla gente, ed insieme accusano i media quando fanno qualcosa su misura dei gusti della gente (pensiamo alle telenovelas). Quando la pubblicità sembra imporre qualcosa, certa critica insorge in nome della libertà del consumatore. Quando la pubblicità sembra fare qualcosa a misura dei gusti della gente (vedi i corpi nudi, o le massaie ebeti-felici, negli spot), la stessa critica insorge a difesa delle idee e dei valori "veri" che dovrebbero essere trasmessi. Le stesse contraddizioni si notano nei casi di critica politica relativa a certi valori. Quando l'opinione popolare coincide con quella dei critici, è tenuta in gran conto; quando non coincide, si propone di trascurarla o combatterla. Pensiamo alla pena di morte o alla libertà di possesso di armi negli Usa; al federalismo in Italia; all'uso del velo delle donne arabe.

Sembra evidente che, se accettiamo la Teoria del Campo, ogni comportamento è funzione della personalità del soggetto (volontà, bisogni, desideri, ecc.) e del Campo di Forze che circonda il soggetto. Ogni popolo -almeno laddove non entrano in campo carri armati e polizia segreta- ha esattamente i politici, la pubblicità, il marketing e le PR che si merita. Va considerato che se si rifiuta questa ipotesi, e -ripeto- si escludono le coercizioni fisiche o la violenza, si cade nelle braccia di un' ipotesi aristocratica e difficilmente sostenibile. E cioè che esistono milioni di imbecilli o disabili mentali che votano, comprano e guardano spettacoli non per scelta propria ma per sottomissione al plagio di forze onnipotenti di influenzamento, e che solo pochi eletti vedono questa triste realtà: i critici.

Comparativismo strumentale

Analogo tipo di contraddizione si registra nel ricorso strumentale alle comparazioni internazionali. A seconda dell'interesse di questo o quel critico viene usata la formula "come si fa in tutti i paesi civili" oppure "come avviene nella libera democrazia Usa". Quando invece i conti non tornano, si ricorre all'inderogabile necessità dello specifico localistico: " il nostro Paese non può adottare formule che non appartengono alla sua tradizione e cultura". Così gli Usa sono un esempio per molte cose ma non per la pena di morte, le armi o il federalismo; i Paesi nordici sono un argomento a favore del Welfare State, ma non per l'eutanasia, la prostituzione o la marijuana; la Svizzera è un modello di ordine e pulizia, ma non di controllo bancario; l'Inghilterra è un mito per la democrazia, ma non per la monarchia, il liberismo tatcheriano, il sistema giudiziario o costituzionale.